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Ciao a tutti, sono Federica "Chicca" Persico, pediatra di Casalmaggiore (Cremona). Ho studiato medicina a Parma, e mi sono laureata nel 2015. Ho iniziato a scrivere questo blog dopo essermi specializzata in pediatria, iniziando a lavorare sul territorio come pediatra di famiglia.  Cercavo un modo per semplificare la condivisione con le famiglie di materiale informativo sulla salute, e sulla crescita dei bimbi. Ricordando che questi articoli non possono sostituire i consigli personalizzati che io, o il pediatra che segue il vostro bimbo, possiamo fornirvi di persona, spero che possano essere  utili per trovare delle informazioni di carattere generale, sempre disponibili, anche quando il pediatra non c'è. un bacio a tutti,  Chicca .......... Vi ricordo che è disponibile la  TRADUZIONE AUTOMATICA     di tutto il blog con Google Translate (in alto a destra) AUTOMATIC TRANSLATION of the entire blog is available with Google Translate (in the top right corner) ਪੂਰੇ   ਬਲੌਗ   ਦਾ  

MARIA MONTESSORI (1): educare i bambini per costruire un mondo migliore

In occasione del suo compleanno, vedremo una serie di post dedicati a Maria Montessori, pedagogista e neuropsichiatra italiana famosa in tutto il mondo. In questo post parliamo della vita di Maria e delle sue idee; nei prossimi post troverete:

Il metodo educativo Montessori

https://pediatrachicca.blogspot.com/2024/08/maria-montessori-2-il-metodo-educativo.html

La vita pratica del bambino 

https://pediatrachicca.blogspot.com/2024/08/maria-montessori-3-la-vita-pratica.html

La casa Montessori stanza per stanza 

https://pediatrachicca.blogspot.com/2024/08/maria-montessori-4-la-casa.html

Lo spazio gioco Montessori 

https://pediatrachicca.blogspot.com/2024/09/maria-montessori-5-lo-spazio-gioco.html

Giocattoli Montessori: realtà o marketing?

https://pediatrachicca.blogspot.com/2024/09/maria-montessori-6-i-giocattoli.html

...

Chi era Maria Montessori?

Per chi di noi la ricorda, potrebbe essere la “signora in viola”, sulla banconota da mille lire:

Per i giovani di oggi, potrebbe essere un nome tra tanti, che attira l' attenzione nella pubblicità di qualche giocattolo, in un video su Youtube, o in un post su Instagram.

Ma chi era davvero Maria Montessori?

Gli inizi

Maria nacque a Chiaravalle, un piccolo paese nelle Marche, esattamente 154 anni fa, il 31 Agosto del 1870. Era nata in una famiglia medio borghese, da genitori abbastanza “progressisti” per l'epoca, che credevano nell’importanza dello studio e della cultura.

Dopo pochi anni, la sua famiglia si trasferì a Roma, per seguire il lavoro del padre, che era funzionario presso il Ministero delle finanze.

Da ragazzina, Maria frequentò un Istituto tecnico femminile, e si diplomò: era già molto per l’epoca, considerando che molte bambine non arrivavano neanche alle scuole medie.

Terminate le superiori, tutti pensavano che Maria avrebbe terminato i suoi studi: era impensabile per una donna proseguire oltre.

Il padre le consigliò di cercare lavoro come maestra.

Ma no, Maria aveva altri progetti: voleva diventare medico.

La medicina

Maria fece domanda per iscriversi alla facoltà di Medicina, ma le fu negato, perché aveva frequentato un istituto tecnico (all’epoca, si accedeva alla facoltà di medicina solo tramite il liceo classico).

Questa era la motivazione “ufficiale”, ma era chiaro che Maria era malvista, nell’ambiente universitario.

Anche se vi erano già stati alcuni casi in Italia di donne laureate, l’Università era considerato un ambiente prettamente maschile.

Medicina in particolare era considerata una facoltà assolutamente inadatta ad una donna, troppo complessa, ricca di responsabilità, e anche in un certo senso “scandalosa”, considerando gli studi che dovevano essere condotti sull’anatomia umana.

Ma Maria non demordeva. Scoprì che se si fosse iscritta alla facoltà di Scienze Naturali, sarebbe stato possibile al terzo anno chiedere il trasferimento a Medicina. E così fece.

Nel 1892, a 22 anni, Maria fu ammessa alla facoltà di Medicina dell’Università La Sapienza di Roma.

Fu un’alunna brillante, anche se il rapporto con i suoi compagni di corso non era idilliaco. Era spesso oggetto di scherno, e doveva essere accompagnata a volte a lezione dai suoi genitori. Era costretta ad esercitarsi in anatomia da sola, di notte, perché era considerato inappropriato che una donna, si trovasse di fronte ad un corpo nudo, ed in presenza di uomini.

Tuttavia, nel 1896, si laureò in medicina, con una tesi in neuropsichiatria. Fu la terza donna in Italia a raggiungere questo titolo.

Suo padre era presente alla sua laurea, e testimoni descrissero che piangeva dalla gioia, per quanto era fiero di sua figlia.

La psichiatria

Dopo la laurea, Maria iniziò a lavorare nella clinica psichiatrica dell’ospedale, interessandosi principalmente ai bambini definiti allora “oligofrenici”, o “ritardati”.

Qui conobbe il collega Giuseppe Montesano, con cui inizierà una storia di collaborazione professionale, e di amore.

Nel 1898 Maria scoprì di essere incinta di Giuseppe; una bella notizia, se non che, all’epoca, questo significava la fine della carriera professionale, anche per quelle pochissime donne che ne avessero mai iniziata una.

A quell’epoca, l’unica soluzione accettabile per una donna nella situazione di Maria, era quella di sposarsi, dare alla luce il bambino, e dedicarsi al ruolo di moglie e di madre.

Ma la coppia prese una decisione diversa, pur essendo all’epoca probabilmente molto innamorati, tanto che si promisero di non sposarsi mai con nessun altro.

Decisero però di non sposarsi neanche tra di loro, e di affidare il bambino, che chiamarono Mario, ad una famiglia affidataria.

Non sappiamo le ragioni precise per cui presero questa discussa decisione. Probabilmente contribuì l’ostilità della famiglia di Giuseppe, che non voleva come nuora una donna poco convenzionale come Maria, e anche il desiderio della stessa Maria di continuare a lavorare, cosa già difficile all’epoca, ma considerata socialmente inaccettabile, per una donna che fosse anche moglie e madre.

Maria rimase comunque in contatto con suo figlio, il quale sapeva che Maria era la sua madre biologica; recupereranno il loro rapporto soprattutto durante l’adolescenza di Mario, e saranno uniti per il resto della vita. Mario la seguirà nei suoi viaggi, e la sosterrà nel suo lavoro, fino alla sua morte.

Tornando alla fine dell’800, nei suoi anni di lavoro presso la clinica psichiatrica, Maria si appassionò sempre di più allo studio dei bambini disagiati, con patologie psichiatriche, con ritardo cognitivo, o di apprendimento; patologie poco studiate, all’epoca. Questi bambini erano chiamati spesso “imbecilli”, o “idioti” (erano proprio i termini “ufficiali” con cui ci si rivolgeva a loro).

Questi bambini erano considerati uno “scarto” della società, venivano internati in una sorta di manicomi, per separarli dai bambini cosiddetti “normali”.

Molti di questi bambini venivano da classi sociali povere, e da famiglie disagiate, spesso avevano genitori alcolizzati. Maria fu tra i primi a sostenere pubblicamente come l’educazione e l’ambiente in cui questi bambini crescevano, fosse la prima causa della loro patologia, o comunque, la peggiorasse grandemente. Prima si pensava che fosse un problema solo “genetico”, che questi bambini nascendo figli di poveri, alcolizzati e criminali, non potevano far altro che diventare poveri, alcolizzati e criminali a loro volta.

Era inutile quindi cercare di educarli, ma era necessario più che altro isolarli dal resto della società.

Nel 1900, Maria, insieme al compagno Giuseppe Montesano, fondò una scuola per formare delle maestre indirizzate a lavorare con i bambini con problemi psichiatrici.

L’idea di Maria era quella di lavorare con questi bambini con pazienza, con rispetto, cercando di tirare fuori il meglio delle loro abilità, invece che considerarli solo degli scarti della società.

Era anche dell’idea che questi bambini non dovessero essere emarginati, ma integrati nelle scuole “normali”.

Nel 1901 Maria affronterà un altro momento difficile della sua vita personale, quando Giuseppe deciderà di sposarsi con un'altra donna, contrariamente a quanto si erano promessi. Scelse una moglie più “convenzionale”, che era gradita alla sua famiglia.

Il loro sodalizio anche professionale, naturalmente, si interruppe, ma entrambi continuarono le loro carriere nell’ambito della neuropsichiatria infantile.

I risultati raggiunti da Maria con i bambini “ritardati”, quelli che lei stessa a volte definiva “i miei piccoli idioti”(!) erano stupefacenti: alcuni bambini impararono a leggere e a scrivere meglio dei bambini che frequentavano le scuole per bambini “normodotati”, attirando l’attenzione del pubblico, e delle istituzioni. A questo punto Maria si chiese, perché i suoi bambini raggiungevano risultati migliori dei bambini “normali”?

La pedagogia e le case dei bambini

Fu quindi l’esperienza con i bambini con bisogni speciali, che spinse Maria ad appassionarsi al concetto di educazione di tutti i bambini, anche quelli “normali”.

Maria si chiese: cosa c’è che non va nel nostro sistema educativo? Perché i bambini “normali” hanno risultati peggiori, e sono meno motivati, di quelli con bisogni speciali?

Nel 1902, volle iscriversi nuovamente all’Università, questa volta alla facoltà di Filosofia (dove, all’epoca, si studiavano la Psicologia e la Pedagogia).

Si inserì nel solco di un movimento pedagogico chiamato “attivismo”, che si poneva l’obiettivo di rimettere al centro il bambino. Maria ne diventerà un esponente di spicco.

Nel 1906, arrivò la sua occasione: fu chiesto a Maria se volesse collaborare ad un progetto di riqualificazione urbanistica di un quartiere popolare e degradato di Roma.

All’interno di questo progetto, vi era l’idea di aprire quella che oggi chiameremmo una scuola materna: una scuola per i bambini tra i 3 e i 6-7 anni, che, in quel quartiere, trascorrevano spesso le giornate in casa da soli, o per strada, mentre i genitori lavoravano.

Per togliere questi bambini dalla strada, venne aperta nel 1907 quella che Maria chiamò “la casa dei bambini”.

Qui, Maria potè mettere in atto tutte le attività che aveva ideato, ed utilizzare i materiali di studio e di gioco che aveva creato.

Invece che obbligare i bambini a stare seduti fermi ed ascoltare il maestro, Maria lasciava i bambini liberi di giocare ed esplorare.

I giocattoli e il materiale didattico erano posizionati su dei tavolini bassi, dove i bambini potessero esplorare da soli le varie attività, stimolando la loro naturale curiosità.

Maria voleva creare un ambiente “a misura di bambino”, dove i piccoli potessero mettersi alla prova, e tirare fuori il meglio di loro.

Per insegnare a leggere e scrivere anche ai meno dotati, faceva scorrere le dita lungo delle figurine di legno o di carta ruvida, che rappresentavano le lettere.

Aiutati dal tatto, i bambini memorizzavano la forma delle lettere con facilità.

Le idee di Maria erano innovative per l’epoca, e la sua casa dei bambini fu enormemente apprezzata dalla piccola comunità del quartiere.

Fu in quel momento che Maria capì quanto agire sull’infanzia, poteva cambiare le sorti di un’intera comunità.

La casa dei bambini ebbe così tanto successo, che già lo stesso anno le venne chiesto di aprirne una seconda, e poi un’altra, e un’altra…

Maria dovette formare altre maestre, perché non poteva più seguire tutte le case da sola.

Perfezionò la sua teoria educativa, osservando i bambini che frequentavano le case. Come apprendevano meglio? Cosa li interessava? Cosa li appassionava?

Nel 1909 pubblicò “il metodo della pedagogia scientifica applicato all’educazione infantile”, un testo che racchiudeva il risultato dei suoi studi osservazionali, e della sua esperienza con i bambini.

Il suo metodo cominciò a farsi una reputazione, e aprirono diversi corsi per formare nuove maestre al metodo Montessori.

Il successo internazionale

Tra il 1910 e il 1920 le teorie di Maria si diffusero in tutto il mondo. Aprirono scuole di ispirazione Montessoriana in tutti i continenti, in particolare negli Stati Uniti, dove il metodo era molto apprezzato.

Maria scriveva libri, articoli scientifici, teneva corsi, partecipava a congressi internazionali, spesso accompagnata dal figlio Mario.

Nonostante il successo internazionale, e la nascita di diverse scuole anche in Italia, nel nostro paese il metodo Montessori non era accettato da tutti, e non prendeva piede con facilità, perché era ritenuto troppo poco convenzionale.

Maria decise di trasferirsi a Barcellona, dove visse diversi anni, e aprì diverse scuole Montessoriane.

Negli anni 1923 e 1924, in Italia era al potere il governo fascista di Benito Mussolini. Anche attraverso l’aiuto del figlio Mario, che desiderava ritornare in patria, Maria prese contatti con il governo, l’allora ministro dell’istruzione Gentile, e poi con Mussolini stesso. Inizialmente il governo fascista sembrò entusiasta delle idee della Montessori, giudicandola un buon esempio di cittadina italiana di spicco nel suo campo, una sorta di “orgoglio nazionale”.

La richiamarono quindi in patria, con il compito di aprire più scuole Montessoriane in Italia.

Il lavoro in Italia, però, non proseguì come sperato: probabilmente, Mussolini capì che la filosofia di Maria poco si sposava con la propria, e anche Maria capì che il regime fascista non poteva condividere i suoi ideali di pace, uguaglianza e libertà.

Negli anni 30, Maria e il figlio furono quindi costretti all’esilio, tornando inizialmente in Spagna, poi in Inghilterra, e in Olanda. Le scuole vennero chiuse.

In questi anni, in un clima di sempre maggiore tensione in un’Europa che si avviava alla Seconda Guerra Mondiale, Maria continuò a predicare la pace. Sosteneva che fosse fondamentale, prima di tutto, lavorare sui bambini, per poter crescere degli uomini e delle donne degni di questo nome, rispettosi del prossimo, e pacifici.

La Guerra e gli ultimi anni di lavoro

Nel 1939, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, Maria, allora sessantanovenne, si trovava con il figlio in India, dove seguiva un corso di formazione per insegnanti.

L’India, sotto il controllo britannico, e l’Italia, si trovavano dalle due parti opposte del conflitto. Gli Italiani in territori britannici, a quell’epoca, furono “internati” in dei campi di prigionia/lavoro: questa sorte toccò anche a Mario, mentre Maria fu risparmiata in considerazione della sua età, e forse della sua fama.

Fortunatamente, un anno dopo Mario fu rilasciato, e potè riunirsi alla madre, in occasione del suo 70esimo compleanno.

Negli anni della Guerra, Maria ed il figlio rimasero in India, dove continuarono a studiare e a lavorare con i bambini del luogo.

Solo nel 1946, al termine della Guerra, fu loro permesso di ritornare in Europa. Continuarono a viaggiare, formando insegnanti al loro metodo in tutta Europa, e in tutto il mondo.

Per il suo lavoro con i bambini e il suo attivismo a favore della pace, Maria fu nominata 3 volte al premio Nobel per la pace, negli anni del primo Dopoguerra, ma senza mai vincerlo.

Nel 1951, fu invitata a parlare ad una conferenza della neo nata UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura), in occasione del terzo anniversario della stesura della dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo. Maria sostenne la necessità di estendere tale documento, a comprendere anche il riconoscimento dei diritti fondamentali del bambino.

Nel 1952, Maria, ormai 81enne, si trovava presso la casa di alcuni amici in Olanda, ma stava per partire per un viaggio in Africa, nonostante le preoccupazioni del figlio, che temeva fosse ormai troppo anziana per affrontare un viaggio così. Maria, però, non voleva fermarsi. Quel pomeriggio, tuttavia, Maria avvertì un gran mal di testa: alcune ore dopo si spense, in seguito ad un’emorragia cerebrale.

Fu celebrato il suo funerale, e, come da sua richiesta, Maria venne seppellita nello stesso luogo dove si trovava, nel momento in cui venne a mancare.

Ora riposa nel piccolo cimitero di Noordwijik, nel Sud dell’Olanda.

La sua filosofia educativa ha avviato un cambiamento epocale nella considerazione del bambino, delle sue capacità, dei suoi diritti, e della sua educazione.

Il 20 Novembre 1959, 7 anni dopo la morte di Maria, l’Organizzazione delle Nazioni Unite approverà a New York una nuova dichiarazione dei diritti universali del bambino, una dichiarazione che è in vigore ancora oggi.

https://www.figc-tutelaminori.it/wp-content/uploads/news-approfondimenti/FIGC-SGS_Dichiarazione-universale-dei-diritti-del-fanciullo-1959.pdf

Il diritto all’educazione e al gioco, e alle cure speciali che possano rendersi necessarie in caso di malattia fisica o mentale, sono considerati tra i diritti universali del bambino (anche se, purtroppo, non tutti i bambini, ancora nel 2024, possono goderne). Ma speriamo che, un giorno, ciò sarà davvero realtà, per tutti i bambini del mondo. 

“Se v'è per l'umanità una speranza di salvezza e di aiuto, questo aiuto non potrà venire che dal bambino, perché in lui si costruisce l'uomo”

Maria Montessori

Nel prossimo post, parleremo di alcuni elementi chiave dell’educazione secondo Maria Montessori:

https://pediatrachicca.blogspot.com/2024/08/maria-montessori-2-il-metodo-educativo.html

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