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MARIA MONTESSORI (2): il metodo educativo
Maria aveva elaborato il suo metodo educativo partendo dall’ attenta osservazione, prima dei bambini con patologie psichiatriche, e poi dei bambini cosiddetti “normali”, in particolare nella fascia di età 1-7 anni.
Ma quali erano le
sue idee, e cosa hanno da insegnarci oggi, oltre 100 anni dopo la loro stesura?
Se volete partire dall’inizio:
https://pediatrachicca.blogspot.com/2024/08/maria-montessori-1-educare-i-bambini.html
“I bambini sono
esseri umani ai quali si deve rispetto, superiori a noi a motivo della loro
innocenza, e delle maggiori possibilità del loro futuro.”
La prima
caratteristica dell’educazione Montessoriana è quella del rispetto del bambino:
concetto per lo più sconosciuto all’epoca, ma a volte perso di vista ancora oggi.
All’epoca, il bambino era visto come un essere “inferiore”, che doveva solo
ubbidire ciecamente.
I genitori dell’epoca
volevano sì bene ai propri figli, ma la visione del mondo era più
“adultocentrica”: così i genitori stessi erano cresciuti, e non conoscevano altre
prospettive.
Per i figli, si
sperava che crescessero il più in fretta possibile, forgiati da una educazione
severa, per diventare presto degli adulti disciplinati. Lo stile genitoriale e
di insegnamento più diffuso, era quello di tipo “autoritario” (vedi i post
dedicati).
L’apprendimento
secondo Maria: la mente assorbente
Maria aveva ipotizzato che i bambini avessero una sorta di “mente assorbente”, che è capace di imparare in modo diverso dall’adulto. I bambini erano capaci di assorbire dall’ambiente le informazioni, senza doversi sforzare per imparare.
Maria aveva
osservato che c’erano dei periodi della vita, soprattutto i primi 6 anni di
vita, dove i bambini erano naturalmente predisposti ad imparare (ad esempio, il
linguaggio), in un modo più semplice ed istintivo.
Come possiamo
osservare nella nostra vita quotidiana, in effetti la lingua appresa nei primi
anni di vita non necessita di essere “studiata”, ma viene appresa
“assorbendola” da quello che si sente nell’ambiente intorno a sè. Da grandi,
invece, è richiesto un notevole sforzo, e non sempre si apprende perfettamente
una nuova lingua.
Queste
osservazioni sono ancora attuali, e confermate dai più moderni riscontri delle
neuroscienze, che ci descrivono come alcune aree del cervello (e quindi alcune
abilità) siano predisposte a svilupparsi in determinati periodi della vita.
Alcune “abilità”
o caratteristiche psicologiche si sviluppano prestissimo, nei primissimi anni
di vita, come l’attaccamento. Altre, esplodono nei primi 3-6 anni, come le
abilità motorie e di linguaggio. Infine, alcune necessitano di più tempo, come
le abilità di ragionamento complesso, e di controllo degli impulsi (come
vedremo nella serie sui capricci, il nostro cervello non matura completamente
queste funzioni fino ai 20-25 anni!).
In base alle sue
osservazioni, Maria aveva notato quindi che i bambini piccoli tendevano ad
apprendere naturalmente dall’ambiente, senza bisogno di forzarli a “studiare”
determinate nozioni.
Dava quindi molta
importanza all’ambiente, al preparare un ambiente a misura di bambino, con
tante attività che potessero incuriosirlo, e favorire naturalmente
l’apprendimento del linguaggio, delle abilità motorie, artistiche, geometriche,
matematiche… eccetera.
A scuola, non
c’era un ordine prestabilito di attività che tutti dovevano fare per tot tempo,
e poi si cambiava attività.
Al contrario, il
bambino poteva scegliere liberamente a quali attività dedicarsi all’interno
della classe, e poteva dedicare a ciascuna il tempo che desiderava.
Il ruolo del maestro/della
maestra era quindi più che altro quello di predisporre l’ambiente entro cui il
bambino poteva apprendere, e ideare i diversi giocattoli e le diverse attività
con cui il piccolo si sarebbe confrontato.
Mentre il bambino
giocava (e apprendeva), il maestro non doveva interromperlo e correggerlo
subito, ma doveva lasciarlo il più possibile libero di capire da solo dove
stesse l’errore. Per questo, molti giochi Montessoriani seguono proprio il
principio dell’”auto correzione dell’errore”, ovvero, il bambino si accorge da
solo se li sta usando o meno nel modo corretto. Ad esempio, i pezzi di un
puzzle, che non si incastrano l’un l’altro se non sono posizionati nel modo corretto.
Il maestro,
osservando il bambino, poteva però valutare se l’attività/il gioco proposto appariva
per lui poco interessante, troppo semplice o, viceversa, ancora troppo complesso.
In quel caso, l’avrebbe sostituito, il giorno successivo, con qualcosa che potesse essere più adatto al bambino, e alle capacità che aveva raggiunto in quel momento.
Questo era estremamente rivoluzionario, per un’epoca in cui invece il ruolo del maestro era visto in modo “cattedratico”: il maestro doveva spiegare, e i bambini dovevano stare in silenzio ed imparare, tutti alla stessa maniera.
“La scuola è quell'esilio in cui l''adulto tiene il bambino fin quando è capace di vivere nel mondo degli adulti senza dar fastidio.”
Ordine, bellezza e
organizzazione
Maria osservava
che fin dai primi anni di vita, i bambini sono naturalmente attratti da spazi
semplici, belli ed ordinati. I bambini prediligono l’ordine, la semplicità, i
colori caldi e luminosi della terra, e i materiali naturali.
Non riescono
invece ad imparare al meglio se sono posti in un ambiente: disordinato,
disorganizzato, brutto, buio, spoglio, o viceversa troppo ricco di stimoli.
Come si dice, “la virtù sta nel mezzo”.
Per questa
ragione, le classi Montessoriane sono di solito semplici, ordinate, luminose, non sovraccariche, per cercare di favorire la concentrazione del bambino sul
suo compito.
Montessori e il “flow”
Una teoria
psicologica interessante che ho trovato nelle mie letture, è quella del “flow”(=flusso
[di concentrazione]).
E’ stata elaborata
da uno psicologo americano degli anni ’70, Csíkszentmihályi, che ha voluto
analizzare le condizioni che ci portano ad essere super concentrati su un
compito.
Avete presente
quella sensazione quando si è super assorti in quello che si sta facendo, e non
ci si rende neanche conto che passa il tempo? Ecco, quella. Lui lo chiamava “lo
stato di flow”.
Ha analizzato
varie caratteristiche che, secondo lui, aiutavano a raggiungere questa
concentrazione ottimale (dando utili consigli agli studenti, che volevano
migliorare il loro stato di concentrazione). Diversi autori hanno notato che molte
di queste caratteristiche, coincidevano con le osservazioni di Maria
Montessori.
“La prima premessa per lo sviluppo del bambino è la concentrazione. Il bambino che si concentra è immensamente felice.”
Ad esempio: la
necessità di essere in un ambiente ordinato e semplice, privo di stimoli
eccessivi. La possibilità di auto correzione dell’errore. La presenza di una
motivazione interna (come diremo dopo). Il giusto rapporto tra le nostre
abilità, e la difficoltà della sfida: se la sfida è troppo semplice, ci annoiamo;
se è troppo complessa, siamo nervosi e frustrati, e tendiamo ad abbandonarla.
Anche Maria aveva
intuito questa cosa, infatti il ruolo fondamentale delle insegnanti era quello
di capire quali attività fossero più adatte ad interessare bambini; che non
risultassero né troppo semplici, né troppo complesse.
tratta da:
http://mariovalle.name/montessori/perche-no.html
Un altro degli
aspetti fondamentali dell’educazione Montessori, è quello di favorire l’indipendenza
e l’autonomia. Maria osservava che la libertà e l’autonomia erano desideri
innati nei bambini.
Poter decidere
(entro i limiti posti dall’adulto), e riuscire a completare un’attività da soli,
sono infatti fonte di grande soddisfazione per il bambino, e lo spingono a
voler continuare ad apprendere.
Motivazione interna
VS premi e punizioni
Maria riteneva
che i bambini dovessero imparare ad agire mossi da una loro “motivazione
interiore”: perché ritenevano una cosa giusta, oppure bella, o interessante,
perché gli dava soddisfazione. Non dovevano invece essere motivati da fattori
esterni: dalla paura di essere puniti, o dal desiderio di ricevere un premio.
All’epoca, anche
questa idea non era accettata. Se pensiamo che sgridare e punire i bambini
quando (secondo noi) sbagliano, e premiarli quando fanno bene, sono ancora
modalità educative diffusissime nel 2024. Potete immaginare come fosse la
situazione nel severo tardo 800, e inizio 900!
"L’adulto deve rinunciare anzitutto ad essere verbalmente e praticamente il despota cui il bambino deve obbedienza, con la pretesa che la mente infantile si formi secondo un piano stabilito a priori."
L’importanza dei 5
sensi e del movimento
Maria aveva
osservato che i bambini, soprattutto nei primi anni di vita, hanno bisogno di
muoversi molto, e hanno bisogno di toccare.
Il tatto era un
senso fondamentale, per il gioco e per l’apprendimento. I bambini imparavano
facendo loro stessi le attività, e toccando con mano gli oggetti. Un esempio
che abbiamo visto nel post precedente: Maria costruiva delle sagome di legno o
di carta ruvida delle lettere, che i bambini potessero toccare con mano.
Anche il
movimento era libero: i bambini, anche più grandicelli, non erano obbligati a
stare seduti al banco, ma potevano muoversi liberamente nella classe.
Maria osservava
come i bambini amassero stare in mezzo alla natura, e risultassero più
tranquilli, più allegri, e più concentrati, quando erano in un ambiente
naturale piacevole.
L’importanza del
rapporto con i compagni
Come abbiamo
visto, Maria pensava che i bambini imparassero tanto dall’ambiente intorno a
loro, che “assorbissero” quello che vedevano. Questo avveniva, naturalmente,
anche osservando gli altri compagni. Per questo, preferiva formare classi miste,
con bambini di diverse età, così che i più grandi potessero fungere da esempio
per i più piccoli.
Che si “impari
osservando” gli altri non è certo una novità, tutti lo possiamo constatare
nella nostra vita quotidiana. In particolare, una scoperta avvenuta negli anni
’90 nell’ambito delle neuroscienze, ci ha dato una conferma biologica di questa
nostra osservazione.
E’ una scoperta che amo molto, perché è avvenuta nella “mia” Università di Parma, e ho avuto di modo di conoscere in alcune lezioni gli scienziati che ci lavorarono. Si tratta dei cosiddetti “neuroni specchio”, neuroni dell’area motoria del nostro cervello, che si attivano, quasi come se ci stessimo muovendo noi stessi, ma quando vediamo gli altri fare un’azione.
Maria pensava,
infine, che fosse importante per il bambino approcciarsi fin da subito alle
piccole attività quotidiane, potendole realizzare con la maggiore autonomia
possibile, in base alla propria età. I più piccoli imparavano quindi a versare
l’acqua in un bicchiere, ad asciugare dove avevano bagnato, ad allacciarsi le
scarpe; i più grandi, a lavare i piatti, a cucinare, a stendere i propri
vestiti… eccetera.
Riassumendo...
Abbiamo imparato
a conoscere alcuni principi chiave dell’educazione Montessoriana:
Il rispetto per
il bambino
La mente
assorbente, e i periodi sensitivi, in cui possiamo imparare senza sforzo
L’importanza
dell’ambiente; il ruolo del maestro nel predisporre l’ambiente di studio/gioco,
e le varie attività da proporre
L’ambiente deve
essere bello, ordinato, ben organizzato
Favorire l’autonomia
Favorire la
motivazione interna, e il senso di soddisfazione
L’importanza dei
5 sensi, del movimento, e della natura
L’imparare
osservando i compagni
L’allenarsi alla
vita pratica
Dall’epoca di Maria ad oggi, ci sono stati tantissimi autori che hanno parlato di pedagogia e di educazione del bambino, e ci sono state anche tante nuove scoperte nel campo delle neuroscienze, alcune delle quali abbiamo raccontato nel post.
Del resto, Maria stessa scriveva: “io ho solo iniziato il lavoro”. Ma quindi… le sue osservazioni ci interessano ancora?
In realtà, molte
delle teorie esposte da Maria, sono state riprese, analizzate e riconosciute
nel loro valore, anche in tempi moderni- pur senza prendere tutto ciò che essa
aveva osservato, come fosse il Vangelo.
Ma è possibile
che le cose che osservava Maria, nei piccoli residenti di un quartiere popolare
di Roma, ad inizio Novecento, si applichino ancora ai nostri super tecnologici
ed iperconnessi bambini di oggi?
Secondo me, sì: i
bambini, infatti, sono simili in tutto il mondo, e in tutte le epoche. I bambini sono sempre bambini, è proprio
la diversa educazione che diamo loro, che li rende poi adulti diversi tra loro,
nelle diverse epoche, e nelle diverse culture.
Ma quando
nasciamo, siamo tutti bambini allo stesso modo: oggi, ieri, domani, e in tutti
i luoghi del mondo.
Credo anche che
il grande pregio di Maria Montessori sia stato quello di essere prima di tutto una
osservatrice, una
scienziata, che osservava quello che vedeva, e non solo una filosofa, che
elaborava delle teorie in astratto.
Per queste ragioni,
credo, ci ritroviamo ancora oggi in quello che lei aveva scritto, anche se viviamo
in un mondo completamene diverso;
per questo ci
sembra di scorgere, nei nostri bambini, quegli stessi principi che lei aveva
notato nei suoi piccoli alunni, più di un secolo fa.
“L’adulto
deve farsi umile, ed imparare dal bambino, ad essere grande”
Nei prossimi post, vedremo qualche
spunto per organizzare la casa e l’attività di gioco dei bambini, seguendo la
filosofia educativa Montessoriana:
https://pediatrachicca.blogspot.com/2024/08/maria-montessori-3-la-vita-pratica.html
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