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Stili genitoriali (4): il pendolo

 Come abbiamo detto all’inizio, la maggior parte delle persone potrebbe non riconoscersi al 100% in un solo stile genitoriale, ma adottare a volte strategie di uno o dell’altro, in base ad esempio al proprio stato d’animo, o alle circostanze.

Un comportamento molto tipico, che vedo spesso, al punto da costituire per me quasi un sottotipo a sè stante, è quello del genitore “pendolo”: un genitore che oscilla continuamente tra momenti di autoritarismo, e altri di permissività.

Di solito, più comunemente (ma non sempre) inizia con un approccio apparentemente autoritario, dove cerca di impartire una regola, anche usando sberle, urla, suppliche, ricatti, minacce, eccetera…. A volte ci si riesce, e in quel caso, in quella situazione, è stato quindi un vero e proprio genitore “autoritario”.

Spesso però non ci riesce, anche perché, come abbiamo visto nel primo post, quando le minacce e le violenze sono di entità molto lieve, il bambino potrebbe non essere così spaventato o umiliato al punto da modificare il proprio comportamento; quindi di fatto queste minacce e violenze lievi umiliano, fanno arrabbiare il bambino, ma “non funzionano” nel modificare il suo comportamento.

A questo punto, il genitore è esasperato, "non sa più cosa fare".

Potrebbe in alcuni casi aumentare la severità delle sue punizioni, picchiare più forte… Molte volte però si auto limita, perché non è una persona di indole veramente violenta, e non vuole fare davvero male al figlio.

Allora prova a supplicare, a insistere; spesso si sente offeso perchè il bambino "non lo ascolta mai" e gli chiede "perchè si comporta sempre così".

Alla fine, se non funziona, non sapendo più cosa fare, e convinto che il capriccio non finirà mai/che il bambino non lo ascolterà mai, allora cede, consentendo al bambino di fare quello che vuole.

La mia sensazione riguardo a questo tipo di comportamento, è che si tratti di genitori che non hanno competenze tecniche nel settore della pedagogia, che potrebbero aiutarli ad indirizzare più efficacemente le loro strategie, o comunque che in quel momento siano troppo stanchi/preoccupati/sfiduciati per pensare a come metterle in atto correttamente.

Ho la sensazione che siano spesso estremamente frustrati, che “non sappiano più cosa fare” come dicono sempre, e anche che siano estremamente focalizzati sull’ottenimento di un obiettivo a breve termine (che il bambino interrompa un capriccio, che mangi le verdure, che faccia i compiti…), che gli sembra di non riuscire mai ad ottenere, ma non si focalizzano invece sul quadro complessivo, sulla strategia a lungo termine.

Un esempio pratico

Proprio stamattina ho assistito ad un dialogo tra una mamma e la sua bambina, che mi è sembrato rappresentasse perfettamente questo tipo di approccio (da lì in effetti mi sono decisa a pubblicare questi post).

Premetto che penso sia giusto non giudicare e criticare tutto quello che vediamo compiere ad altri genitori in un luogo pubblico; io non conosco la situazione di di quel momento, se questa mamma aveva problemi, se era stanca… usiamo questo dialogo solo come un esempio su cui riflettere.

Ve lo racconto, e poi ci ragioniamo insieme.

Ero in una libreria, e vicino a me c’erano una giovane mamma e, sul passeggino, la sua bambina, che avrà avuto 2 anni e mezzo.  

Erano nella sezione di libri per bambini, che è infondo alla libreria.

Quando sono arrivata, la mamma stava dicendo alla bambina che non avrebbero potuto comprare niente quel giorno (per la bambina, non so se dovevano comprare altro).

La mamma si è soffermata a leggere alcuni libri per bambini; nel mentre, la bambina ha cominciato a protestare, cercando di divincolarsi dal passeggino, ed afferrare a sua volta dei libri.

La mamma, senza interrompere la sua attività, e senza chinarsi verso la bambina, le ha detto tranquillamente di smetterla, che le aveva già detto che non potevano comprare niente.

La bambina ha continuato a lamentarsi e divincolarsi cercando di afferrare i libri, e ha iniziato a piangere. La mamma ha cercato di spiegarle dicendo che “non sempre possiamo avere tutto quello che vogliamo, non tutto ci è dovuto”.

La bambina l’ha ignorata, continuando a piangere sempre più forte, e cercando di afferrare i libri.

E' quindi riuscita ad afferrare un libro, facendolo cadere; il rumore ha destato l’attenzione della commessa della libreria, che ha alzato lo sguardo verso di loro, senza dire niente.

Al che la mamma si è spazientita, ha cominciato a parlare in modo più agitato, intimando alla bambina di smetterla; ad un ulteriore tentativo di afferrare i libri, la mamma l’ha estratta dal passeggino, le ha dato due (blandissime) sculacciate sul sedere, e l’ha rimessa dentro;

la bambina ha cominciato a dimenarsi come un’ anguilla, piangere, urlare ancora di più.

La mamma ha iniziato allora a supplicarla di smettere, dicendo frasi come: “ma perché fai sempre così, non capisco” o “non ce la faccio più!”, “e dai, fallo un favore a mamma, smettila…”.

Dopo un ulteriore minuto di “lotta” dove la bimba afferrava un libro e la mamma cercava di riprenderlo, attirando l’attenzione della commessa e degli altri clienti, infine, la mamma ha ceduto.

Le ha detto che poteva tenersi il libro, che però era stata una bambina molto cattiva, che non doveva più comportarsi così.

Quindi si è avvicinata alla cassa, ha pagato il libro, scusandosi con la cassiera per le urla di poco prima, e sono uscite dal negozio.

Quali riflessioni mi ha fatto venire in mente questo dialogo?

Prima di tutto, che abbiamo visto un classico esempio di pendolo tra due diverse strategie genitoriali: dall’autoritario, che cerca di imporre un limite anche attraverso le sculacciate, al permissivo, che alla fine cede alla richiesta del bambino.

Alcune considerazioni su come gestire la situazione in modo alternativo:

La prima osservazione che mi è venuta in mente stamattina, è che fosse molto difficile portare una bambina di 2 anni in una sezione di libri per bambini, lasciarla svariati minuti ferma sul passeggino, ad ammirare dei libri che però non poteva né toccare, né comprare.

Non penso che i bambini vadano protetti da ogni frustrazione, però questa mi è sembrata una situazione troppo “triggerante” per una bambina della sua età, quindi in questo caso avrei suggerito di evitarla, se possibile.

Nel momento in cui ci si fosse trovati lì, si poteva valutare velocemente la situazione, e decidere se fosse più conveniente, per quella volta, “cavarsela” comprando un libro, o se si voleva dare un limite e dire di no.

Non si può fare sempre, ma ovviamente, a discrezione del genitore, qualche volta si può anche dire di sì!

Io, per esempio, se avessi potuto economicamente acquistare il libro, avrei seguito questa via, soprattutto se avessi avuto necessità o desiderio di stare nella libreria a lungo. 

Ma mettiamo invece di essere nel secondo caso: in quel momento la mamma ha delle ragioni per dire “no”, che sia per ragioni educative, economiche...

In questo secondo scenario, l’altra osservazione che mi è venuta subito in mente è che la mamma avrebbe potuto chinarsi all’altezza della bambina per parlarle. Non avrebbe forse risolto completamente la situazione, ma poteva aiutare un po’.

Avrebbe potuto quindi spiegarle perché non potevano prendere il libro, e, se possibile, spostarsi il più velocemente possibile dalla sezione per bambini; re indirizzare quindi la bimba su altri pensieri, ad esempio, proponendo con entusiasmo una bella attività da fare insieme più tardi.

Poteva funzionare o non funzionare; se avesse funzionato, e la bambina si fosse calmata e focalizzata su altro -> ottimo! Missione compiuta.

Se la bimba non si fosse calmata, a questo punto, l’ideale per la mamma sarebbe stato concludere nel più breve tempo possibile i suoi acquisti, e uscire dalla libreria.

E’ corretto infatti che la mamma cercasse di limitare- per quanto possibile- il disturbo ad altri, ad esempio, concludendo il più rapidamente possibile i propri acquisti, o evitando che la bambina danneggiasse dei libri, allontanandola fisicamente.

Non è giusto però doversi preoccupare più di tanto del giudizio (spesso ignorante)   degli altri presenti.

Non sempre un genitore può bloccare o far terminare a suo piacimento un cosiddetto "capriccio" (o una crisi emotiva, sarebbe meglio chiamarla).

Il fatto che si verifichi un "capriccio", non è indice di fallimento della strategia educativa di un genitore: è una reazione normale a quell’età, di fronte a sentimenti come la frustrazione, la stanchezza, o la paura.

In questo caso, appunto, l'unico commento che possiamo fare è che si sarebbe potuta forse evitare la situazione triggerante, ma non sempre è possibile farlo. 

Una volta fuori dalla libreria, la mamma avrebbe potuto aiutare la bambina a calmarsi, standole vicino mentre la crisi emotiva esplodeva, e poi passava.

Nel momento in cui la bambina è nella fase “esplosiva”, non è tanto utile ribadire le spiegazioni del perché non sempre possiamo avere ciò che vogliamo, eccetera… (va benissimo spiegarlo, ma i momenti più utili sono o prima o dopo la crisi).

La mamma poteva anche “empatizzare” con la bambina, dicendo che capiva che era stata una situazione molto difficile.

Aiutarla a sfogarsi magari facendo una corsa, un qualche gioco, o dei respiri profondi. Abbracciarla, appena la bambina si fosse calmata abbastanza da consentirlo. 

Il “capriccio” poteva risolversi più o meno velocemente, in base allo stato d’animo della bambina, alla sua età, alla sua maturità emotiva, e la sua capacità di regolare le proprie emozioni.

La bimba avrebbe comunque fatto un piccolo passo sulla lunga strada che porta ad imparare come regolare le proprie emozioni, come tollerare una piccolo frustrazione.

Avrebbe sopportato un piccolo “no”, sperimentato l’emozione che ne fa seguito, l’avrebbe vista esplodere, e poi, piano piano, rientrare.

E’ così che si impara!

Non avrei consigliato invece alla mamma di: supplicare, sculacciare, dire alla bambina che era “cattiva”, né di cedere alla fine del capriccio, e comprare il libro.

(se andava comprato, andava fatto subito)

Cedere dopo un’ escalation di urla e capricci, infatti, espone al rischio di far peggiorare sempre di più la situazione, perché la volta dopo, la bambina avrà imparato che per ottenere ciò che vuole, deve piangere, dimenarsi, urlare, e poi lo otterrà.

Sperando che questo esempio di vita vissuta vi sia stato utile, nel prossimo post, analizzeremo un sottotipo genitoriale che al giorno d’oggi viene spesso citato nei media, anche se non fa parte dei 4 tipi classici: è il cosiddetto “helicopter parent”, il genitore elicottero.

https://pediatrachicca.blogspot.com/2025/07/stili-genitoriali-5-lelicottero.html

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Ciao a tutti, sono Federica "Chicca" Persico, pediatra di famiglia a Casalmaggiore (Cremona).   Ho studiato medicina a Parma, e mi sono laureata nel 2015. Ho iniziato a scrivere questo blog dopo essermi specializzata in pediatria, iniziando a lavorare sul territorio come pediatra di famiglia.  Ricordandovi che questi articoli non possono sostituire i consigli personalizzati che possiamo fornirvi di persona, spero che possano essere comunque utili per trovare delle informazioni di carattere generale, sempre disponibili, anche quando il pediatra non c'è. un bacio a tutti, Chicca ... Vi ricordo che è disponibile la   TRADUZIONE AUTOMATICA     di tutto il blog con Google Translate (in alto a destra) AUTOMATIC TRANSLATION of the entire blog is available with Google Translate (in the top right corner) ਪੂਰੇ   ਬਲੌਗ   ਦਾ   ਆਟੋਮੈਟਿਕ   ਅਨੁਵਾਦ  Google  ਅਨੁਵਾਦ  ( ਉੱਪਰ   ਸੱਜੇ   ਕੋਨੇ   ਵਿੱਚ )  ਨਾਲ   ਉਪਲ...

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