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Il mio bambino non mangia le verdure
Tutti sappiamo che non è facile far seguire ai nostri bimbi un’ alimentazione varia; in particolare, molti non hanno un grande amore per frutta e verdura.
La selettività alimentare nei bambini è un'evenienza fisiologica, comune in particolare tra i 2 e i 4 anni.
Se questa fase non viene gestita correttamente, o se il bimbo ne è molto predisposto, la selettività alimentare può cristallizzarsi, e rimanere anche negli anni successivi.
Una delle cose fondamentali che possiamo fare per i nostri figli, è quella di educarli a mangiare bene: un insegnamento fondamentale per la loro salute, anche da grandi.
Vediamo quindi alcuni consigli importanti da tenere a mente (quelli che ci
raccomandano psicologi e nutrizionisti dell’infanzia, e che mi sembrano più utili,
anche nella mia esperienza, sentendo i racconti di tante famiglie).
1) Conoscere
le regole fondamentali
Dobbiamo prima di tutto conoscere le regole fondamentali di una alimentazione sana, per
poterle trasmettere ai nostri bimbi.
Se volete, fermatevi prima di proseguire, e leggete il post dedicato:
https://pediatrachicca.blogspot.com/2024/09/le-regole-per-unalimentazione-sana.html
2) Non
abbattersi se ci sono fasi di selettività
Come abbiamo visto, tutti le attraversano. Il vostro obiettivo
non è che il vostro bambino mangi perfettamente oggi, ma aiutarlo a migliorare
con il tempo, e stabilizzare buone abitudini per il domani.
3) Offrire
sempre e comunque un pasto vario
Se ci limitiamo a mettere davanti solo quello che già sappiamo che il bambino vorrebbe, anche se molto limitato, la situazione non si sbloccherà mai.
Studi hanno dimostrato che i bambini tendono ad accettare più facilmente un
cibo, se questo viene proposto spesso in tavola.
Quindi non desistete, continuate a cucinare di tutto: anche se ci sono
periodi in cui il vostro bambino non mangia alcuni cibi, non deve smettere di
vederli.
4) Esposizione=
accettazione
Alcuni psicologi che si occupano di alimentazione, consigliano di esporre i
bambini al cibo anche in modo indiretto, oltre che, ovviamente, nel piatto,
come abbiamo visto al punto sopra.
Anche questo può aiutare a sviluppare una tolleranza e una accettazione verso
tutti i cibi.
Ad esempio: andare insieme al supermercato e farsi aiutare a prendere e pesare
frutta e verdura. Tenere una ciotola di frutta e
verdura fresca sempre accessibile (e visibile) in cucina o sul tavolo da pranzo.
Tenere immagini di cibi salutari ben visibili, ad esempio, un libro di cucina
in bella vista. Per i più piccoli, comprare giocattoli a forma di cibi, anche quelli meno graditi,
come frutta e verdura, e/o libri per bambini su questo tema. Lasciare che il
bambino utilizzi qualche alimento vero nel gioco.
5) Evitare
di sostituire il piatto proposto con un’alternativa meno salutare, perché il
bambino l’ha lasciato
Esempio: non vuoi mangiare il passato di verdure che stiamo mangiando
tutti? Ti preparo una pasta in bianco, se no non mangi nulla.
In questo modo, è difficile stimolare il bambino ad assaggiare qualcosa di
nuovo: aspetterà semplicemente che arrivi il solito piatto, che sa di trovare sempre,
senza mai sforzarsi di assaggiare qualcos’altro.
Ad esempio, molti genitori mi dicono: a scuola certe cose le mangia, a casa no (forse,
tra gli altri motivi, perché a scuola non c’è un’altra opzione!).
6) Offrire,
ma non forzare
E' controproducente invece forzare fisicamente il bambino a mangiare,
ricattarlo, o insistere fino allo sfinimento: può generare un rifiuto ancora
più profondo verso certi cibi, o, a volte, verso il cibo in generale.
Anche fare promesse/ricatti ("se mangi questo, poi potrai mangiare quella cosa che ti piace/andare a giocare"), alla lunga, di solito, è controproducente. Rafforza la convinzione che certi cibi siano cattivi, che mangiare sia uno sforzo, una tortura a cui devono sottoporsi, per riuscire ad ottenere quello che vogliono. In alternativa, potrebbero anche provare a piangere, urlare, impuntarsi, per ottenere quello che vogliono, senza il "sacrificio" di dover prima mangiare l'alimento sgradito (che continueranno ad odiare, sempre di più).
Inoltre, i bambini percepiscono il nostro stato d'animo, quindi se ci approcciamo al pasto con stress e tensione, le trasmetteremo anche al bambino (facendogli passare l'appetito).
Gli psicologi che si occupano di nutrizione, di solito, consigliano così:
-> ll genitore
sceglie cosa si mette in tavola, garantendo sempre una varietà di alimenti e
piatti salutari, tanta frutta e verdura.
-> Il
bambino sceglie quanto e cosa mangiare, tra i cibi proposti dal genitore.
7) Evitare
di rimpinzarlo di latte, dolci e merendine, nel timore che non mangi abbastanza
Ci possono essere casi di bambini con reale scarso appetito, che mangiano
poco di tutto, e che sono sottopeso, in cui raccomandiamo di integrare con bibite
ipercaloriche, latte, frutta secca…
Ma sono casi rari!
Se il problema è più che altro la selettività alimentare (il bambino
mangia, ma solo pochi alimenti), e risulta normopeso alle visite dal pediatra
(o addirittura, sovrappeso), è inutile rimpinzarlo di cose poco salutari, “purchè
mangi qualcosa”.
(Anche se il bimbo è sottopeso, comunque, dobbiamo pensare a farlo mangiare
di tutto, il problema non si può risolvere a suon di latte, biscotti e
merendine).
Anzi, se il bambino arriva a tavola già con scarso appetito, perchè durante la giornata ha mangiato troppe merende/snack/latte/bibite, sarà probabile che non mangerà volentieri al pasto.
8) Focalizzarci
sulla qualità, e non sulla quantità
Come abbiamo visto, spesso come genitori abbiamo più il terrore atavico che un bambino “non mangi”, che possa saltare un pasto, o mangiare troppo poco.
In realtà, al giorno d’oggi, di morti di fame nel nostro Pease non ce ne sono molti (menomale!), ma di
persone che seguono una alimentazione sbagliata, e che sono in sovrappeso, ce ne sono parecchie.
Al giorno d'oggi, non ci dobbiamo più preoccupare di poter mangiare abbastanza, ma piuttosto, dobbiamo imparare a preoccuparci di come mangiamo (e di come mangiano i nostri figli).
Approfondimento: stili genitoriali e selettività alimentare
Sono stati condotti alcuni studi, che evidenziano un rapporto tra l'approccio del genitore, e il rischio di sviluppare disturbi alimentari nei bambini e negli adolescenti.
Ovviamente lo sviluppo di disturbi alimentari dipende anche da altri fattori, quali la predisposizione individuale del bambino, o le influenze esterne: come genitori, possiamo comunque mettere in atto le strategie migliori per ridurne il rischio.
L'approccio genitoriale di tipo "permissivo", è quello che non pone limiti, e lascia che il bambino mangi qualsiasi cosa richieda (oppure, prova ad imporre dei limiti, ma cede di fronte al pianto o all'insistenza del bambino, oppure al rifiuto degli alimenti proposti, nel disperato timore che poi "abbia fame").
Questo stile genitoriale porta ad un più alto rischio di sviluppare selettività alimentare e/o sovrappeso nei bambini. Infatti, se è vero che la selettività alimentare, la paura del nuovo, e la predilezione per cibi dolci/grassi, possono essere fisiologici nel bambino, la mancanza di una guida da parte del genitore può portare ad un'estremizzazione di queste tendenze.
Anche l'approccio genitoriale "negligente/assente" può essere correlato ad un maggior rischio di sviluppare una dieta sregolata e/o selettiva, anche qui, perchè manca una guida da parte del genitore. Nei casi più gravi, il bambino può addirittura mettere in atto condotte sregolate proprio per attirare l'attenzione del genitore (anche inconsciamente); questo stile genitoriale è quello che più spesso si correla con la presenza di abbuffate alternate a diete drastiche, alla bulimia, o all'abuso di sostanze (nei casi più gravi).
Infine, l'approccio "autoritario", è quello volto a controllare ogni aspetto della vita del bambino, imponendogli ad esempio di mangiare ciò che il genitore pretende, anche attraverso la forza, le minacce, o le punizioni. Questo approccio può anch'esso peggiorare il rifiuto degli alimenti, come abbiamo visto prima; è anche il tipo di approccio più spesso correlato all'insorgenza di disturbi alimentari legati al rifiuto del cibo e/o al desiderio di controllo, come l'anoressia.
Ma quindi, cosa possiamo fare, se non dobbiamo essere nè permissivi, nè autoritari, nè tanto meno assenti?
La via più raccomandata è quella di adottare un approccio "autorevole": questo approccio è quello capace di dare dei limiti, e di costruire delle "strutture" generali entro cui il bambino può muoversi, ma evitando urla, suppliche, minacce o punizioni, ed evitando una eccessiva severità.
Dal punto di vista alimentare, questo approccio si mette in atto proprio come abbiamo visto nel paragrafo precedente: il genitore decide quali alimenti sono salutari e adatti ad essere proposti ai pasti, cercando di offrire sempre varietà, e andando incontro (quando possibile) alle preferenze del bambino, purchè ci si mantenga entro i limiti di una alimentazione sana. Ad esempio: se il bambino mangia tanti tipi di verdura ma non gradisce i broccoli, questi possono essere riproposti ogni tanto, senza insistere; le altre volte, ci si concentrerà sulle verdure più gradite. Oppure, se un bambino un giorno ha voglia di risotto invece che della pasta, si lascerà la possibilità di scegliere.
Non si cederà però laddove sappiamo che certe proposte alimentari, non sono salutari. Ad esempio, se un bambino chiede che venga cucinata sempre e solo pasta in bianco, e mai verdure, oppure chiede di mangiare una merendina prima di cena, il genitore saprà dire "no".
Se il bambino rifiuta di mangiare gli alimenti proposti, il genitore cercherà di motivarlo, ad esempio, con le strategie che vediamo in questo post: con la riesposizione, la collaborazione alla preparazione dei pasti, la creazione di piatti divertenti, il buon esempio... eviterà però di insistere, urlare, costringere, o usare il cibo come un premio o un ricatto per ottenere altre cose.
Se il bambino non mangia, il genitore lascerà che sperimenti la conseguenza naturale del suo gesto: magari avrà un po' fame, e mangerà di più al pasto successivo. Il genitore eviterà però di "girare il dito nella piaga", umiliando e ammonendo il figlio: "vedi, te l'avevo detto!"; che stupido che sei stato a non mangiare. In questo modo, si potrebbe creare una lotta di potere, e il bambino offeso sarebbe più indotto a puntare i piedi e pensare "adesso ti faccio vedere io, non mangio neanche a cena!".
Tutti questi argomenti, se vi interessano, saranno approfonditi nella serie sui capricci.
9) Come stimolare la collaborazione dei bambini: dare il
buon esempio
E’ fondamentale che il bambino veda che gli vengono offerte le stesse cose
che mangiano volentieri anche i genitori (e gli altri fratelli). Altrimenti è
una battaglia persa in partenza.
E’ utile farci vedere contenti e soddisfatti quando mangiamo, si può giocare
anche ad esempio a “rubare” un pezzettino di cibo dal piatto dei genitori- o i
genitori dal piatto del bambino- e dire “mmmh che buono, me lo mangio tutto!”
10)
Mangiare a tavola tutti insieme
E’ fondamentale per rendere il pasto un momento piacevole e conviviale:
mangiare deve essere un piacere, non un’incombenza da sbrigare velocemente e
malvolentieri, mentre cerchiamo di concentrarci su un episodio in TV.
E’ importante anche per dare la possibilità al bambino di imitare quello
che fanno i genitori (i bambini sono delle spugne che assorbono tutto quello che
vedono, imparano imitando, soprattutto nei primi 6 anni di vita).
11)
Chi ben comincia, è a metà dell’opera
E’ più facile mantenere sempre la stessa linea, piuttosto che cambiare
improvvisamente. Prima iniziamo ad offrire
una alimentazione sana, meglio è.
Se abbiamo seguito fin'ora un approccio diverso (soprattutto se il bambino è già grande), e ora vogliamo cambiare, è naturale aspettarsi che il cambiamento sarà poco accettato dal bambino, perchè è stato abituato diversamente. Dobbiamo pertanto essere consci che, più un bambino è grande, più ci sarà una difficoltà aggiuntiva. Questo appunto per varie ragioni: perchè il bambino è abituato ad uno stile genitoriale diverso, e potrebbe essere colto alla sprovvista da un cambiamento, e accettarlo con difficoltà. Perchè alcuni meccanismi utili, come l'istinto di copiare i genitori, saranno un po' ridotti, soprattutto dopo i 5-6 anni. Oltretutto, quando sono tanti anni che un certo cibo non viene mangiato, sarà ancora più difficile riabituarsi pian piano al suo sapore, e alla sua consistenza, rispetto a quanto accade nei primi anni di vita.
Ma non significa che non possiamo più cambiare: dobbiamo lavorare, pian piano, passo passo, per ricostruire un buon rapporto con il cibo, senza aspettarci cambiamenti dall'oggi al domani.
12)
Routine, routine, routine
I bambini sono molto abitudinari: alla lunga, è facile che tendano ad assumere le abitudini che gli vengono proposte ogni giorno. Se a tavola si beve sempre e solo acqua, e si mangia insalata ad ogni pasto, è più facile che inizino a vederle come abitudini normali e a farle proprie.
13)
Essere tutti sulla stessa linea
Come per tutte le altre sfide educative, essere tutti sulla stessa linea è fondamentale per raggiungere il risultato. Se mamma dice una cosa e papà un’altra, è un problema. Se mamma dice una cosa e nonna un’altra, è un problema. E’ importante condividere il vostro progetto educativo con tutte le figure che si prendono cura del bambino.
14)
Per i più grandi: preparare insieme
L’acquisto e la preparazione dei cibi si può fare insieme, quando si
riesce, rendendolo un po’ un gioco.
E’ utile, come abbiamo visto prima, sia
per aumentare l’esposizione dei bambini al cibo, sia per divertirli e
coinvolgerli.
Possiamo anche farci vedere spesso che “pilucchiamo”, assaggiamo il cibo
anche mentre lo prepariamo… con aria soddisfatta, come se ci piacesse così
tanto che non possiamo trattenerci! (genera l’istinto a copiare quello che fa
il genitore, e assaggiare).
Si può scegliere insieme un libro di ricette, o cercarle su internet, per coinvolgere i bambini. Si può preparare insieme un piatto, e poi proporlo a cena al
resto della famiglia; rendere il bambino orgoglioso della propria preparazione,
giocare al “piccolo chef”.
Se siete appassionati dell'educazione Montessori, troverete in questo metodo educativo tanti spunti utili per coinvolgere i bambini in cucina:
Per i più piccoli: Lasciare che tocchino il cibo
Lasciare che giochino con il cibo, che esplorino, che facciano un po’ casino…
I bambini che vengono sempre e solo imboccati dai genitori tendono a sviluppare
un rapporto peggiore con il cibo, e possono più spesso andare incontro a
problemi alimentari. E’ importante lasciare il contatto libero con il cibo, per
studiarne profumi, colori, consistenze e sapori, e anche per imparare a
nutrirsi in autonomia.
Non bisogna vivere il pasto in modo passivo/come una costrizione.
15) Sempre per i più piccoli, rendere i cibi divertenti
Non sempre si può, ma quando si riesce, è simpatico creare forme divertenti
nel piatto, renderlo accattivante anche visivamente.
16) ....e usare piatti particolari (suddivisi per nutrienti, o piatti divertenti)
17)
Mixare i cibi meno graditi con altri più
graditi
Si può provare a proporre i cibi meno graditi, insieme a quelli più amati, ad esempio, fare una bella composizione di verdure sulla
pizza!
Può essere utile anche usare delle salse, come la salsa allo yogurt, salse di verdure fatte in casa o hummus, in cui pucciare le verdure.
18)
Offrire cibi arcobaleno
E’ utile per abituare i bambini alla varietà, e “attira” esteticamente, preparare ogni tanto degli alimenti arcobaleno (... quando c'è un po' più di tempo!)
Approfondimento: selettività alimentare e colore
La selettività alimentare nei bambini può avere tanti aspetti; può basarsi
sul sapore, sull’odore, sulle consistenze… ma molto spesso, si basa proprio sul
colore!
Sono più facilmente graditi alimenti di colore bianco o in generale chiaro, giallo, beige, rosa, nocciola.
Meno facilmente graditi alimenti di colore acceso: verde, blu, viola, rosso, arancione. Questo capita a tantissimi bambini, e può essere particolarmente marcato nei bambini che soffrono di disturbi dello sviluppo come l'autismo.
Ci sono tante teorie sul perché questo accada: alcuni hanno ipotizzato che
sia un istinto che viene dal passato (cibi di colore verde, rosso, viola o blu
potevano essere più facilmente velenosi, quindi i nostri antenati avrebbero
sviluppato un istinto negativo verso questi alimenti, che è stato selezionato
attraverso l’evoluzione e si è poi trasmesso a noi).
Per i nostri bambini, può incorrere un senso di famigliarità e sicurezza: quando vedono un alimento che ha un aspetto simile a quelli che già gradiscono, sono più portati a mangiarlo. Quando vedono un alimento diverso, sono più restii.
Per questo, è fondamentale la regolare esposizione dei bambini ad alimenti di
colore diverso, e il buon esempio che viene dai genitori: per superare questa
paura inconscia.
Se il vostro bambino è già molto selettivo sul colore, potete cercare di reintrodurre
cibi colorati gradualmente, partendo da quelli un po’ più simili a quelli
graditi.
Di solito i cibi preferiti sono bianchi-beige-chiari. E’ più facile spostarsi prima verso il giallo, arancione, rosa, verde chiaro e marroncino, colori pastello;
Si possono usare alimenti naturalmente di questo colore, o
salse/polpette/altre preparazioni.
Infine, cercate di introdurre i colori più scuri e accesi (verde scuro, rosso, blu, viola), prima in piccole quantità.
19) Infine, ultimo ma non ultimo: non comprare le cose che non vanno mangiate
“il mio bimbo mangia troppe merendine”
“Io gli dico di no, ma le vuole/ se le prende da solo quando non guardo”
“io gli ho offerto frutta e yogurt a merenda, ma ha voluto il sacchetto di
patatine”
Vi riconoscete in queste frasi?
I bambini, di solito, non fanno la spesa da soli. Se i bambini
mangiano troppe merendine, patatine, e bevono troppe bevande dolci, è perché ne
compriamo troppe.
Se le volete prendere, potete fare scorte, e tenerle nascoste o chiuse a chiave, ma se vi sembra di
essere troppo sotto pressione e di cedere, o che riesca a prenderle da solo: allora non comprate questi alimenti, o comprateli in piccolissima quantità.
Non vi verrà l’istinto di cedere, se questi alimenti non sono presenti in
casa!
I bambini sono piccoli, e devono imparare, non possiamo lasciare sulle loro
spalle la gestione dell’alimentazione famigliare; è una responsabilità che
ricade sugli adulti. Se sappiamo che una cosa non va mangiata, dobbiamo
prenderci la responsabilità di non comprarla.
Se per merenda acquistiamo solo frutta, yogurt e frutta secca,
difficilmente nostro figlio potrà mangiare un pacchetto di patatine.
L’alimentazione sana, infatti, parte proprio dalle scelte che facciamo al
supermercato.
….
In conclusione, riassumiamo alcuni dei punti chiave
che abbiamo visto:
Ripetizione e routine = accettazione
Esposizione regolare = accettazione
Imitazione del genitore = accettazione
Approccio autorevole = accettazione
Assenza di alternative poco salutari = accettazione
Divertimento e coinvolgimento = accettazione
Consapevolezza e convinzione del
genitore= accettazione
Al contrario, i killer della buona alimentazione
sono:
Cattive abitudini (ottenere sempre e solo il cibo che si vuole); scarsa
esposizione al cibo sano, e frequente a quello non sano; trovare sempre in casa cibo non sano; cattivo esempio da parte dei genitori; stress e imposizioni da parte dei genitori; minacce/premi/coercizioni;
passività nell’alimentazione; noia; scarsa partecipazione del bambino. Scarsa
convinzione da parte dei genitori, e conflittualità tra le figure che si occupano del bambino.
Ricordiamoci quindi che la nostra responsabilità non è forzare, obbligare, supplicare o convincere nostro figlio a mettere in bocca ciò che vorremmo.
La nostra responsabilità è decidere cosa gli mettiamo a disposizione, cosa acquistiamo e cosa mettiamo in tavola: noi forniamo il materiale entro cui, poi, lui potrà scegliere. E' nostra responsabilità anche cercare di favorire un rapporto sereno e positivo con il cibo, evitando: stress, televisione, minacce, e favorendo il divertimento, il coinvolgimento e la collaborazione.
….
Spero che queste riflessioni potranno esservi utili:
non esiste la bacchetta magica, che farà sì che da stasera nostro figlio mangi
broccoli come se non ci fosse un domani.
Esiste però la possibilità di fare un lavoro su noi stessi, per capire quali sono le cose davvero importanti nel nostro progetto genitoriale, e impostare la nostra linea di comportamento.
Costruire il rapporto dei bambini con il cibo, non è un risultato immediato: è un progetto a lungo termine (un po’ come tutto quello che riguarda la genitorialità).
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