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Stili genitoriali (7): l'autorevole

Nei post precedenti, abbiamo parlato di alcuni estremi genitoriali: per quanto riguarda l’imposizione di regole, abbiamo visto l’estremo del genitore autoritario, e dall’altro lato, quello del permissivo.

Per quanto riguarda l’intensità della presenza “accudente” del genitore, abbiamo parlato dei genitori elicottero, iper protettivi, e viceversa di quelli assenti, o troppo poco coinvolti.

Ma quindi, non c’è scampo? Qualsiasi cosa facciamo, sbagliamo? Se non dobbiamo essere né autoritari, né permissivi, né troppo accudenti, né troppo poco, cosa possiamo fare?

Come spesso è nella vita, “la virtù sta nel mezzo”.

Il cosiddetto “genitore autorevole” è definito in psicologia come quel genitore che sa essere sia affettuoso e responsivo, sia esigente e capace di imporre delle regole, quando serve;

a questo concetto base già descritto da Baumrind, si deve secondo me aggiungere come abbiamo visto quello di genitore “con un giusto grado di separazione” dal bambino, quindi né iper accudente, né viceversa troppo poco presente: il genitore “sufficientemente separato”, come descritto da Laura Pigozzi.

Secondo me è utile immaginare questo "ideale" come un "giusto mezzo" che non esagera nè da un lato nè dall'altro.

Ma esiste davvero un genitore del genere, o è solo un’utopia per libri di psicologia? Diciamo “ni”, nel senso, nessun essere umano potrà essere perfettamente nel mezzo, sempre, in ogni situazione, in ogni momento; e poi, a volte, qual è il giusto mezzo in una situazione? Chi lo sa?

La perfezione esiste negli schemini, nei libri, non nella vita vera.

Tuttavia, penso che sia comunque utile conoscere le diverse strategie genitoriali, e le loro possibili conseguenze.

Può aiutarci a fare delle scelte più consapevoli relativamente a come vogliamo comportarci, senza pretendere di arrivare ad una perfezione che non è di questo mondo.

Ma come si comporta, quindi, un genitore autorevole?

Quando deve imporre delle regole, il genitore autorevole:

- Prima di tutto, pensa se queste regole sono davvero utili e necessarie, oppure no. Non si diverte a controllare ogni minimo aspetto della vita del bambino, ma si concentra a valutare quali regole e quali limiti siano veramente invalicabili.

Alcuni esempi?

Potrebbe decidere che un limite invalicabile è la necessità di indossare le scarpe quando si esce di casa d’inverno; non posso lasciare che mio figlio esca a piedi nudi.

Non è però indispensabile decidere anche quali scarpe dovrà indossare; anche se preferiremmo quelle rosse perché secondo noi stanno meglio con l’outfit, o si puliscono più facilmente, potremmo lasciare al bambino una piccola autonomia di scelta, e proporgli una scelta tra le rosse o le bianche.

- Quando sceglie di imporre delle regole, le spiega al bambino prima, le motiva, non tende a dire “è così perché lo dico io”. Quando possibile, soprattutto con i più grandi, apre un tavolo di negoziazione per trovare insieme un compromesso.

Non è un lavoro che porta necessariamente un risultato immediato, ma, crescendo, è più probabile che i bambini vorranno rispettare delle regole anche da adulti, se ne hanno davvero capito la utilità.

Invece, collegare la necessità di rispettare regole al dover evitare una sberla, una umiliazione o una punizione, come abbiamo visto nel capitolo dell'Autoritario, non aiuta ad accettare e a comprendere quella regola, ma spinge ad odiare segretamente quella regola, a viverla come un peso, e magari a sognare di trasgredirla appena possibile.

- Il genitore autorevole non userà quindi punizioni, violenza fisica, ricatti, umiliazioni, per costringere il figlio a rispettare le regole che ha stabilito (al massimo userà la forza fisica solo per compiere l’azione necessaria, ad esempio, prendere il telecomando e spegnere la TV, o frenare il bambino se sta picchiando qualcun altro…).

- Potrà però sfruttare il concetto di "conseguenze" naturali o logiche delle azioni del bambino: ad esempio, se un bambino rifiuta di mangiare la cena, avrà un po' fame. Non si andrà quindi a punire il bambino per non avere mangiato, ma si lascerà che sperimenti la conseguenza naturale di questa azione (l'avere un po' fame), senza cercare quindi di proteggerlo da qualsiasi frustrazione o conseguenza delle sue azioni.

- Cercherà di mantenere la maggiore coerenza possibile, in modo che il bambino sappia cosa aspettarsi, e non ne resti spiazzato.

Ad esempio: se la regola prevede che bisogna lavarsi i denti alla sera, sarà così tutte le sere; non una sera sì e una no, in base all'umore o alla stanchezza del genitore.

- Una volta che la regola è stata stabilita, non si cede: il genitore saprà essere quel limite che il bambino non sa darsi da solo. 

Ad esempio?

Se abbiamo detto “tra 15 minuti si spegne la TV”, tra 15 minuti il genitore chiedeà al bambino di spegnerla; se non lo farà, piangerà, allora gli chiederà, “vuoi spegnerla tu? Se non riesci, la spengo io”. Se il bambino dirà di no, il genitore prenderà il telecomando e la spegnerà, anche se il bambino piange e protesta.

Questo non perchè il bambino sia stupido, perchè sia un essere inferiore, o perchè sia "una proprietà" del genitore, il quale ha il diritto di obbligarlo a fare ciò che vuole.

Ma perchè fisiologicamente un bambino non ha ancora completamente sviluppato quelle aree del suo cervello deputate al controllo degli impulsi, alla pianificazione, alla comprensione delle conseguenze future delle nostre azioni, allo sviluppo di processi decisionali complessi.

Queste aree, come la corteccia prefrontale, raggiungono il loro completo sviluppo solo intorno ai 20-25 anni.

Un bambino piccolo sta ancora sviluppando le capacità per poter effettuare ragionamenti come: "non posso guardare la TV per ore" o "non posso mangiare 50 biscotti al giorno, perchè fa male alla mia salute". 

Può iniziare a capire questi concetti (che il genitore provvederà a spiegare), ma anche se inizia a capire la spiegazione, non avrà ancora acquisito appieno la capacità di controllare l'impulso momentaneo, e favorire invece il ragionamento logico, che lo porta a trattenersi dal soddisfare un desiderio immediato, per un possibile beneficio futuro.

Pertanto, nei primi anni di vita, un bambino ha il diritto di avere un adulto che lo guida, che lo aiuta a non cedere costantemente ad ogni impulso che gli passa per la testa; così come ha il diritto di avere qualcuno che lo nutre, o che gli cambia il pannolino, finchè non è capace di mangiare e andare al bagno da solo.

Dal punto di vista emotivo, il genitore autorevole:

- Non adotterà atteggiamenti umilianti, sminuenti, manipolatori, o iper critici del bambino, né farà confronti con altri. Ad esempio:

“ecco vedi, ha preso un’insufficienza, non combinerai niente di buono nella vita se continui così!”; “sei un bambino cattivo, perché fai capricci??”; “guarda tuo fratello com’è bravo!”.

- Sottolineerà come il suo amore verso il figlio, non sia mai in discussione. Ad esempio:

“Anche se a volte discutiamo, ti voglio bene sempre”; “che tu vinca o perda, non importa, io sarò con te e ti supporterò”.

- Cercherà di riconoscere e validare le emozioni del figlio, senza necessariamente cedere alle sue richieste, o accettare qualsiasi tipo di comportamento. Spiegherà che tutte le emozioni sono valide ed è normale provarle, ma non tutti i comportamenti sono accettabili.

"Capisco che sei arrabbiato perchè non abbiamo potuto comprare quel giocattolo, ma oggi purtroppo non possiamo. Ti piacerebbe fare qualcos'altro di bello insieme, quando ti sarai calmato?"

"Lo so che sei arrabbiato con tua sorella, ma non puoi picchiarla; picchiare fa male, però puoi allontanarti da lei"

(se il bambino non riesce ad allontanarsi da solo, il genitore cercherà fisicamente di contenerlo e allontanarlo per evitare che faccia del male alla sorella).

Infine, come abbiamo visto, sull'asse della presenza nella vita del figlio, cercherà di lasciargli la massima autonomia possibile, ma si mostrerà disponibile se il bambino chiede il suo aiuto, cercando di sviluppare la risoluzione autonoma dei problemi da parte del bambino.

“Prova tu, ce la puoi fare! Non sei riuscito? Tranquillo, guarda, lo facciamo insieme. Vorresti riprovare?”

Anche dal punto di vista emotivo:

"Capisco che sei triste perchè si è rotto il giocattolo; pensi che potremmo fare qualcosa per rimediare?"

I figli di genitori con questo approccio, hanno una maggiore probabilità di sviluppare fiducia in sé, resilienza, e uno stile di attaccamento “sicuro” nelle relazioni.

Vediamo i diversi stili genitoriali all'opera:

Situazione 1)

Bambino piange perché vuole mangiare un sacchetto di patatine prima di cena.

Genitore autoritario: “ti ho detto di no, e smettila subito se no ti stacco la TV! Piantala ti ho detto, o vedi che ti arriva un ceffone…”

Genitore permissivo: “sempre così fai, non smetti di piangere finchè non ottieni quello che vuoi! e va bene, non ce la faccio più, mangiati le patatine!”

Genitore autorevole: “le patatine non sono un cibo adatto per la cena, perchè ci tolgono la fame senza essere nutrienti. Vorresti piluccare un pomodorino, intanto che finisce di cuocere la pasta? No? Tra 5 minuti sarà pronto, e potrai mangiare la pasta. Le patatine no.”

Commento:

Questo tipo di approccio alla disciplina è definito anche a volte “disciplina positiva” (termine coniato dalla psicologa Jane Nelsen negli anni ’80), oppure “disciplina dolce” o “disciplina gentile”, in inglese spesso “gentle parenting”.

Se guardate contenuti sui social media a tema genitorialità (post su facebook o instagram, video su youtube…) potrete sentire spesso questi termini, che, però, spesso vengono travisati dal pubblico generale (come spesso accade in questi contesti).

Infatti, a volte, senza approfondire, si crede che questi termini intendano l’essere un genitore che non impone regole, e non fa mai piangere il bambino, un genitore sempre affettuoso, presente, e capace di consolare il figlio (magari anche accontentandolo quando non si dovrebbe).

Praticamente, il genitore “permissivo”.

Con magari insulti annessi, perché “i genitori di oggi non sanno più fare i genitori” e “non sanno più dare delle regole…”

In realtà, questi termini sono normalmente usati per riferirsi all’approccio AUTOREVOLE, non al permissivo.

Normalmente, gli psicologi non consigliano l’approccio genitoriale di tipo permissivo (anche se ci saranno sicuramente delle eccezioni…) e spesso le persone commentano sui social media senza sapere quello di cui stanno parlando.

Situazione 2)

Bimbo cade al parco, e si sbuccia un ginocchio.

Genitore autoritario: “smettila di piangere, te l’avevo detto di non correre lì! Adesso ti arriva una sberla... No, dopo non te le compro le figurine all’edicola, perchè sei stato monello!”

Genitore permissivo: “tesoro cos’è successo?? Aaa sei caduto… eh, sì, in quel posto pericoloso dove ti avevo detto di non andare, ma tu come al solito non mi hai ascoltato, e io non ho fatto niente per fermarti… tesoro mi dispiace tanto, vieni qui ammamma, ti compro un bel gelato e non ci pensiamo più, cosa dici??”

Genitore elicottero: “oddio ma lo vedi che sei caduto, te l’ho detto che il parco è pericoloso, da domani non veniamo più, stiamo a casa a giocare al computer così almeno non ti fai male”

Genitore assente: “eh, cos’è successo? sei caduto? Fammi vedere. Ah ma dai, non è niente. Un graffietto. Su su smettila di piangere, vai a giocare, che io sto finendo una telefonata di lavoro.”

Genitore autorevole/giustamente separato: “tesoro, sei caduto? Ti fa male? Lo so lo so, vieni qui. Adesso ti do un bacio e mettiamo un cerottino. Va un po’ meglio? Te la senti di tornare a giocare? Guarda, prova a spostarti da quella parte dove c’è il prato, lì si può cadere tranquillamente sull’erba che è morbida. Cosa ne dici?”

Spero che questi esempi possano esservi utili, e che abbiate trovato in questa lunga carrellata di post degli spunti interessanti per la vostra quotidianità.

Saremo sempre esseri umani, imperfetti, che una volta urleranno, una volta saranno affettuosi, una volta saranno stanchi, una volta sapranno tenere il punto, una volta no.

Però possiamo essere consapevoli del nostro comportamento, per lo meno; non navi perse in mezzo alla tempesta, senza una mappa, senza un’idea della rotta che vorremmo percorrere.

Questa è quello che, almeno io personalmente, sento dentro di me quando leggo riflessioni di questo tipo.

Non che divento perfetta, ma che divento più consapevole di quello che faccio, che acquisisco degli strumenti migliori per poter lavorare verso gli obbiettivi che vorrei raggiungere.

Altri post a tema educazione dei bambini e genitorialità:

la serie su Maria Montessori

la serie sui capricci (in arrivo)

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