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Oscillococcinum e prevenzione dell'influenza: una storia incredibile (1)
Oggi vorrei parlare di questo prodotto, che mi incuriosisce da tanti anni, perché ha una storia veramente molto particolare.
Ci tufferemo pertanto nei secoli passati, ripercorrendo la storia della nascita dell’omeopatia, e dell’Oscillococcinum.
Alla domanda finale "ma quindi... funziona?", è forse impossibile dare una risposta certa. Ci sono i suoi sostenitori, e i suoi detrattori.
Penso però che molte volte, ci troviamo nella corsia di una farmacia, o di un supermercato, o di una parafarmacia, e non sappiamo bene identificare cosa sono i prodotti che abbiamo davanti, su quali teorie si basano, qual'è la loro storia.
Magari l'abbiamo sentito nominare mille volte, ma ci siamo mai chiesti: che cos'è, questo Oscillococcinum?
"Oscillococcinum" è il nome commerciale di un prodotto omeopatico commercializzato dall’azienda francese Boiron. Questa è la presentazione che ho trovato sul sito dell’azienda: “In base all'inquadramento dei medicamenti omeopatici, Oscillococcinum può essere utilizzato in caso di trattamento preventivo dell'influenza, stato influenzale incipiente e stato influenzale conclamato.”
(Ho trovato anche altri prodotti simili di altre marche, per cui direi che questo non è l'unico in commercio: è però il primo a essere stato commercializzato, e il più noto).
Si tratta quindi di un “medicamento” preventivo e curativo dell’influenza o in generale degli "stati influenzali": un argomento che credo interessi a tantissime famiglie in questi mesi, e di cui abbiamo già parlato in altri post.
Per analizzare Oscillococcinum, essendo un rimedio omeopatico, dobbiamo spendere due parole prima di tutto su cosa sia l’omeopatia, soprattutto per chi proprio non ne avesse la più pallida idea.
Chi non conosce l’argomento, infatti, spesso pensa che l’omeopatia sia una sorta di trattamento “naturale”, a base di piante, contrapposto ai veri e propri “farmaci” artificiali.
Questo non è del tutto vero, i rimedi omeopatici infatti possono essere basati su diversi tipi di molecole: provenienti da piante, o da animali, o sintetiche… c’è quindi un panorama molto vasto.
Quando parliamo invece generalmente di molecole derivate da piante, parliamo di prodotti “fitoterapici”, che possono essere integratori, cosmetici, o veri e propri farmaci, se sono stati studiati e brevettati come farmaci.
Per cui si confonde spesso l’ ”omeopatia” con la “fitoterapia”.
Ma cosa caratterizza quindi l’omeopatia?
Perché, abbiamo visto, non è l’essere “naturale” o “derivata da piante”. La situazione è molto, molto più complessa.
I rimedi omeopatici sono prodotti che vengono confezionati basandosi su alcune teorie specifiche.
Le prime due fondamentali, sono state enunciate per la prima volta a cavallo tra il 1700 e il 1800:
1) Teoria che “il simile cura il simile”: ovvero che una sostanza che può causare un disturbo (ad esempio, la febbre, o il prurito), possa a bassissime dosi diventarne invece la cura. Es. se un’ortica mi causa prurito quando la tocco, a bassissime dosi mi curerà il prurito.
Proprio da questa teoria deriva il nome “omeopatia”, l’unione di due parole greche: ὅμοιος, òmoios (simile) e πάθος, pàthos (sofferenza). Ovvero, secondo questa teoria, cioè che causa una sofferenza, similmente la può curare (a basse dosi).
2) Teoria della “diluizione" e "memoria dell’acqua”: le bassissime dosi che abbiamo citato al punto prima, infatti, non sono propriamente “bassissime”, ma proprio inesistenti. Infatti, nei rimedi omeopatici, le sostanze di partenza vengono diluite fino a non essere più presenti. Quello che rimane, alla fine, è solo acqua. La seconda teoria prevede però che l’acqua in cui erano state immerse, ne conservi una memoria. Es. l’acqua in cui era stata immersa una piccolissima quantità di ortica, ne mantiene la memoria, e potrà curare il prurito.
Non proprio tutta l’acqua in generale, ma solo se il recipiente è stato scosso più volte in un certo modo particolare.
Teorie molto affascinanti ma… sono vere?
Data la loro grande diffusione, ci sono molti studi sull’argomento. Tuttavia, per ora, la risposta è no: nonostante l’omeopatia sia in circolazione da più di 200 anni, attualmente non vi sono ancora studi scientifici che provino conclusivamente che queste due teorie siano vere.
Ma chi è stato il fondatore di queste particolari teorie... e come gli sono venute in mente?
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Il primissimo “padre fondatore” dell’omeopatia è stato il medico tedesco Christian Friedrich Samuel Hahnemann, nato nel 1755.
Nel corso dei suoi studi, Hahnemann si trovò ad analizzare una medicina chiamata “chinino”, molto utilizzata all’epoca per curare la malaria. Non si sapeva, però, come funzionasse.
Oggi sappiamo che il chinino, un alcaloide naturale ricavato dalla corteccia di una pianta Sudamericana, interagisce in vari modi con il Plasmodio (il parassita) che causa la malaria, impedendogli di riprodursi. Questo, però, alla fine del 1700 non era noto. Il Plasmodio causa della malaria fu scoperto grazie al lavoro di diversi ricercatori circa un secolo dopo, scoperta che valse anche diversi premi Nobel a questi studiosi. All’epoca di Hahnemann però non era conosciuto, né tantomeno si poteva capire con che meccanismi il chinino lo danneggiasse.
Hahnemann, mentre stava studiando il chinino, pensò di provarlo su di sé, assumendone una discreta dose: in seguito, sviluppò febbre. In seguito a questo evento, pensò che il chinino potesse causare febbre se assunto in alte dosi, e curare la febbre della malaria se preso invece a basse dosi.
All’epoca non si conosceva appunto il parassita causa della malaria, la malattia era solo “una febbre” la cui origine era sconosciuta, e Hahnemann sapeva solo che il chinino curava “quella strana febbre”, ma non sapeva perché. Sapeva anche che, su di lui stesso, ad alte dosi il chinino aveva causato febbre.
Da qui nacque la sua prima ipotesi: una sostanza che causa un sintomo, a basse dosi potrebbe curarlo. Come il chinino che, secondo lui, ad alte dosi causava febbre, e a basse dosi curava la febbre della malaria.
E Hahnemann immaginò che se era vero per il chinino, allora sarebbe stato vero anche per quasi ogni altra sostanza esistente in natura. Giusto?
In realtà, non è proprio così: infatti, non è nemmeno vero che il chinino, preso ad alte dosi, causi sempre febbre.
Si suppone che Hahnemann potesse aver avuto una reazione allergica, o una forte reazione avversa di qualche natura, e per quello abbia avuto febbre (o che gli fosse venuta la febbre per qualsiasi altra ragione: magari si era beccato l’Influenza). Ad altri, il chinino, anche ad alte dosi, non causa febbre.
Questo, comunque, non ha alcuna correlazione con le reali modalità con cui il chinino agisce sul Plasmodio della malaria, ma questo Hahnemann non poteva saperlo.
Per cui, le motivazioni che hanno inizialmente condotto Hahnemann a fare questa osservazione, poi nota come teoria de “il simile cura il simile”, sono frutto di quelle che erano le conoscenze del tardo 1700.
Nonostante ciò, la teoria prese piede, e anche al giorno d’oggi molti pensano che in realtà, Hahnemann ci avesse visto giusto, e che questa teoria fosse vera.
Vengono spesso citati, ad esempio, casi in cui effettivamente una piccola dose di una sostanza può curare la stessa patologia di cui, ad alte dosi, è causa.
Il più calzante mi sembra quello della “desensibilizzazione” per le allergie. In questi casi si somministra una piccolissima dose di allergene (ad esempio, del polline, per chi è allergico al polline), per anni, e si ottiene una desensibilizzazione, cioè si arriva a tollerare meglio l’allergene e si hanno meno sintomi allergici.
In questo caso, effettivamente una piccola dose è curativa (parliamo comunque di una piccola dose, non di una dose omeopatica, ovvero diluita fino a completa sparizione). Mi sembra però difficile dedurre che pertanto lo stesso principio debba essere vero anche per tutte le altre sostanze esistenti al mondo.
Ad esempio, non so, la senna: una pianta molto usata soprattutto in passato come lassativo. Contiene delle molecole che causano la contrazione dei muscoli della parete intestinale, per cui ci fa andare in bagno. Dovremmo pertanto ritenere automaticamente che delle piccole dosi di senna possano curare la diarrea, visto che. dosi più alte la causa? non è proprio così.
E così via, per tante altre molecole.
Hahnemann però ci credeva proprio tanto, tanto da iniziare a pensare che più piccola era la dose, più grande sarebbe stato l’effetto curativo.
Iniziò ad ipotizzare dei metodi per cui la sostanza iniziale veniva diluita in cento parti d’acqua, poi ancora cento, poi ancora cento e così via…. Successivamente, altri autori, per aumentarne la potenza, ipotizzarono invece di diluirla in mille parti d’acqua, poi ancora mille, e così via…
Alla fine di questo processo, della sostanza iniziale non resta più nulla: resta solo un boccetto di pura acqua.
E come può quindi funzionare?
In epoche successive, è stata ideata la teoria della “memoria dell’acqua”. Si ipotizzò infatti che nell’acqua stessa rimanesse una “memoria” della sostanza che vi era stata contenuta.
Per far sì che rimanesse questa traccia, questa memoria, già Hahnemann stesso aveva ipotizzato alcuni processi particolari. Egli non aveva parlato proprio di “memoria dell’acqua”, a quanto ho capito, ma usato termini più vaghi, del tipo che rimanesse una “forza vitale” all’interno dei boccetti d’acqua.
Per far sì che rimanesse questa “forza vitale”, i boccetti dovevano essere scossi in un certo modo; ho letto da alcune fonti, anche specificatamente sbattuti contro una bibbia, per potenziarne l’effetto.
Ad oggi questo aspetto è mantenuto, infatti quando vengono preparati i rimedi “omeopatici”, questi vengono non solo diluiti fino a non contenere più nessuna traccia della sostanza originale, ma anche “scossi” tra una diluizione e l’altra (un processo che si chiamerebbe “succussione”, e “dinamizzazione” l’insieme di più “succussioni”). Non credo vengano però regolarmente sbattuti contro una Bibbia.
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Potremmo pensare che tutto sia nato da un semplice “volo di fantasia”.
Ma è anche il tentativo disperato di un medico di inventarsi qualcosa che funzionasse, a cavallo tra la fine del 700 e l’inizio dell’800, quando di rimedi funzionanti la medicina “tradizionale” ne aveva ben pochi.
E la disperazione di soffrire, di morire, di vedere i propri pazienti soffrire, e di non poter fare nulla….
E a volte, in questi casi, si sente il bisogno di credere, di inventarsi qualcosa, e convincersi che deve funzionare, perché ci si sente impotenti all’idea di non fare nulla. E questo, sicuramente, capita ancora anche a noi, nel 21esimo secolo.
Pensate che la medicina dell’epoca era talmente poco utile, da risultare addirittura dannosa. Era meglio infatti non fare niente, che sottoporsi ad inutili salassi, purghe, clisteri, che i medici dell’epoca prescrivevano; tanto meno era utile sottoporsi ad un intervento chirurgico.
Pensate a come poteva essere l’esperienza (se siete forti di stomaco).
Non c’erano trasfusioni di sangue, per cui dovreste sperare di perderne il meno possibile durante l’intervento. Ovviamente dovreste anche sperare che duri il meno possibile, o perlomeno, di perdere i sensi per il dolore.
Al termine dell’operazione, verreste ricuciti sempre senza anestesia, e con un ago e un filo sudici. Trasportati poi a “riposarvi” nel vostro letto, in attesa che sopraggiunga una quasi inevitabile infezione.
Pus, febbre alta, ancora dolori terribili. Diarree, tifo, che vi sareste inevitabilmente presi nell’affollata camerata dell’ospedale dove siete ricoverati.
E poi forse… quando ormai non desiderate altro, sarebbe infine arrivata, come una grazia: la morte.
…………..
Se siete ancora qui dopo questo felice quadretto, immagino che stiate provando una certa nausea.
A parte la mia passione enorme per la storia della medicina, vorrei che prendeste spunto da questo per immaginare le condizioni in cui si trovava un medico, o un paziente, all’epoca di Hahnemann.
Ci troviamo all’inizio del 1800: e mentre state morendo di setticemia nel vostro letto, non sapete nemmeno spiegarvi quali ne siano le cause. Il vostro medico assiste impotente, ignorando cosa siano i batteri, o i virus, o i parassiti, causa delle infezioni.
In questo contesto, non c’è da stupirsi che l’omeopatia avesse preso piede: anche se non faceva nulla, perlomeno non faceva male (come quasi tutte le altre cure dell’epoca).
Ritengo pertanto fondamentale conoscere il contesto storico e capire come e perché sono nate certe teorie, o perché possono essersi diffuse.
Al di là delle origini storiche, in epoche più recenti sono state ipotizzate teorie come appunto quella della “memoria dell’acqua”, per spiegare come potrebbero funzionare i rimedi omeopatici, e la prospettiva si è allargata rispetto agli inizi del 19esimo secolo.
Anche questo argomento è oggetto di numerosi studi, e in alcuni casi sì, si è visto che alcune molecole se immerse in acqua ne possono in qualche modo lasciare degli effetti; e che a volte molecole anche in quantità molto piccole, possono avere degli effetti.
Tuttavia, siamo ben lontani dall'aver comprovato che immergere una qualsiasi sostanza in un boccetto d’acqua e poi scuoterlo, possa far sì che l’acqua mantenga una chiara memoria del suo passaggio, anche quando la sostanza stessa non c’è più. Siamo, pertanto, ancora nel regno delle "teorie".
…………………..
Terminerei qui per ora, avendo ripercorso insieme la storia della nascita delle principali teorie omeopatiche. Sicuramente, penso che capire il contesto storico in cui queste idee sono venute a crearsi, possa aiutarci a capire meglio perché sono nate, e perché si sono diffuse.
Nel prossimo post, arriveremo finalmente ad “Oscillococcinum”, e ripercorreremo anche la sua incredibile vicenda.
Sì, perché se pensate che fin qua le cose siano strane... è perché ancora non sapete cosa ci aspetta, approdati al 20esimo secolo.
Continua al prossimo post:
https://pediatrachicca.blogspot.com/2022/10/oscillococcinum-e-prevenzione_8.html
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