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Breve storia dell'abbronzatura e dell'importanza del colore della pelle

Un colorito dorato oggi è visto generalmente come qualcosa di desiderabile, alla moda, mentre una pelle pallida è considerata spesso meno bella, quasi motivo di vergogna quando ci si spoglia in spiaggia.

Ma è sempre stato così?

Non proprio: il colore della nostra pelle è stato oggetto di mode e culture molto diverse, nel corso della nostra storia.

In antichità, era perlopiù considerato “bello”, soprattutto per le donne, avere la pelle molto chiara: da sempre, questa caratteristica era stata correlata all’appartenenza a classi sociali agiate. 

Infatti, le donne ricche potevano passare le loro giornate al chiuso, all’interno di ville o palazzi, differentemente dalle donne delle classi più povere, che dovevano lavorare all’ aperto.

Ad esempio, nell’antico Egitto era considerato normale per gli uomini, anche di classe agiata, condurre una vita all’aria aperta: andavano a combattere, a caccia, a pesca… ed era quindi considerato normale per loro avere una carnagione più abbronzata. 

Le donne delle classi agiate, invece, stavano per lo più a casa, e venivano spesso rappresentate con una pelle più chiara dei loro corrispettivi maschili:

La carnagione chiara della propria moglie era un vero e proprio “status symbol”, indice della non necessità di lavorare.

Anche nell’antica Roma, la moda proponeva visi candidi soprattutto per le donne. Per ottenere questo effetto, erano disponibili numerosi cosmetici, contenenti sostanze sbiancanti quali piombo, stagno… o escrementi di coccodrillo!

Anche nel Medioevo e nel Rinascimento, è proseguita la moda della pelle chiara, sempre più strettamente vista come indice di nobiltà.

Le donne nobili venivano rappresentate sempre con una pelle diafana, bianchissima:

Molte donne hanno rischiato la salute (se non la vita…) utilizzando pericolosi cosmetici a base di piombo, per far apparire la propria pelle perfetta e chiarissima (ad esempio, pare che ne facesse uso in prima persona la famosa regina Elisabetta I d’Inghilterra):

Ancora nel 1700, la moda imponeva pelle candida, con guance e labbra rosate, sia agli uomini che alle donne:


Era stata coniata addirittura l’espressione “sangue blu”, per definire i reali e i nobili: essi, infatti, erano caratterizzati da una carnagione chiarissima, diafana, che lasciava intravedere le vene bluastre sottopelle. 

L'agognato colorito chiarissimo era raggiunto grazie a cosmetici (spesso di dubbia sicurezza, come visto sopra), ed evitando scrupolosamente di esporsi al sole.

Fino all’inizio del ‘900, era comune per le donne benestanti indossare un abbigliamento che le proteggesse dal sole, per mantenere la pelle chiarissima anche nei mesi estivi.

E allora via libera a maniche lunghe, scialli, cappellini e ombrellini parasole:



Purtroppo, la passione per la pelle chiara andava ad assumere, soprattutto a partire dal 19esimo secolo, anche una forte connotazione razziale.

Infatti, gli Europei “bianchi” si contrapponevano ad altri popoli visti come “inferiori” (…nella loro mentalità). 

Premettendo che in alcune culture asiatiche vi era una moda di predilezione verso la pelle chiara anche prima del confronto con gli Europei, è ad oggi riconosciuto che vi fu una forte spinta verso questa preferenza proprio in seguito alla colonizzazione da parte degli Europei.

Questo avvenne ad esempio in India, dove i tratti Occidentali e la pelle bianca divennero ampiamente apprezzati soprattutto in seguito alla colonizzazione Inglese.

Il retaggio di questa cultura, purtroppo, si può sentire ancora oggi: ancora oggi infatti alcune persone ricercano, attraverso make up e prodotti cosmetici, una pelle più chiara:

Il problema è molto sentito anche negli Stati Uniti, società multietnica, e patria di una larga fetta di popolazione di origine africana, di fototipo scuro.

Tra il 1600 e il 1800, si stima che arrivarono sul continente americano milioni di persone, rapite in Africa, e poi ridotte in schiavitù.

American slave market, 1852: persone vendute all'asta come oggetti.

La schiavitù fu abolita negli USA nel 1865, "solo" 160 anni fa.

Tuttavia, fino oltre la metà del ‘900, il colore della pelle non era considerato una semplice componente estetica, ma un forte elemento di differenziazione sociale, tra la “razza” bianca, privilegiata, e la “razza” nera, considerata inferiore.

Ruby Bridges, 6 anni: deve essere scortata in una scuola "per bianchi" da agenti federali, per difenderla dalle violenze. Siamo nel 1960.

Negli USA, si era diffuso addirittura un sentimento definito “colorismo”: tra le persone di pelle scura, godeva di una considerazione migliore chi era di colore un po' più chiaro (ad esempio perché era nato da genitori mixed, uno bianco e uno nero).

I retaggi di questa cultura si trascinano fino al giorno d’oggi:

Il colore della pelle ha avuto quindi profonde implicazioni,  non solo estetiche, nella nostra storia e nella cultura.

La sfumatura del colore della pelle è stata strettamente correlata non solo con la bellezza, ma anche con il valore sociale della persona.

E poi… cosa è cambiato?

Cosa ha sdradicato secoli e secoli di predilezione verso una pelle chiarissima?

A partire dagli anni ’20 del Novecento, dopo la prima guerra mondiale, troviamo una società che cambia, non più legata ad alcuni dei modelli che avevamo visto nelle epoche passate.

Abbiamo una società che non è più fatta di poveri contadini/operai/manovali e nobili, ma è fatta principalmente di borghesi, più o meno abbienti.

Borghesi che, spesso, lavorano all’interno di una fabbrica, o di un ufficio…

E il sole, quando lo vedono?

Lo vedono d’estate, in vacanza, al mare.

In questa epoca, infatti, la possibilità di trascorrere le vacanze estive in prestigiose località di villeggiatura, comincia a diventare uno status-symbol, indice di ricchezza.

Complici anche alcune figure chiave, come la nota stilista Coco Chanel, che amava passare le sue vacanze sulla riviera francese (Costa Azzurra), mostrando orgogliosamente, per la prima volta nella storia, la propria abbronzatura.

Fu così che, in particolare dagli anni ’30 in avanti, la pelle abbronzata comincia a diventare uno status symbol, per i “privilegiati” europei e americani bianchi: un indice di ricchezza, in quanto significava che ci si poteva permettere di uscire dall’ufficio, e trascorrere le proprie vacanze al mare.

L’assurdità di ciò è che, invece, per tutte le etnie non bianche-caucasiche, avere la pelle più scura era ancora considerato un elemento negativo!

Quindi, che dire?

Tutto cambia, niente cambia…

Il colore della pelle viene ancora visto come elemento di distinzione sociale, solo in modo diverso da prima.

Insomma, “nulla di nuovo sotto il sole”, come recita una famosa frase biblica: in questo caso, nel vero senso della parola!

Nel corso del Novecento, vediamo quindi diffondersi una sempre maggiore cultura dell’abbronzatura: ora la pelle abbronzata è considerata bella, moderna, attraente, indice di ricchezza, e anche salutare.

Un vero e proprio segno distintivo culturale di un’epoca:


Tuttavia, i dermatologi, a partire dagli anni '60 e 70, cominciano a lanciare l’allarme: i tumori della pelle sono in aumento.

Sarà mica correlato all’esposizione incontrollata al sole?

Purtroppo, modificare un comportamento che ha ormai una così forte connotazione sociale e modaiola, non è facile, e le persone continuano a rosolarsi al sole, anche quando si comincia a capire che non è proprio un toccasana per la salute.

Del resto, apparteniamo allo stesso genere umano che era disposto a spalmarsi il piombo sulla faccia, per apparire più bello... le mode cambiano, ma i nostri sentimenti più profondi restano sempre gli stessi.

Siamo (ancora) disposti a rischiare la nostra salute, per sentirci più belli, desiderabili, apprezzati. 

Accettati.

Negli anni '80 e 90, fino ai primi anni 2000 (ovvero quando sono cresciuti molti di noi) l’abbronzatura vive il suo "clou".

Vedere i volti arrossati e magari anche un po’ spellati dei bambini d’estate, è considerata tutta salute;

mentre per adolescenti e adulti, sfoggiare una carnagione abbronzata è un must per essere alla moda.

Laddove non si arriva con il sole, si può arrivare con lettini solari, per poter mimare l’aspetto abbronzato delle vacanze, anche quando si è ancora a casa, in ufficio.

Per mimare il colorito abbronzato, si diffondono numerosi prodotti "auto abbronzanti" (dal punto di vista della salute, comunque meglio dell'abbronzatura reale), che donano però spesso un colorito molto aranciato:


Qualcuno ne usa in abbondanza…

In quegli anni, la pelle dorata è così amata, che molte celebrità di pelle chiara, la scuriscono fino a sembrare quasi di un’altra etnia: una scelta che ha destato opinioni contrastanti, soprattutto negli Stati Uniti, tacciata a volte di “appropriazione culturale”.

Fortunatamente, negli ultimi decenni vi è stata invece una maggiore sensibilizzazione nei confronti, da un lato, dell’inclusione di tutti i tipi di pelle dentro un canone di bellezza più ampio, sia, dall’altro lato, dei danni derivati dall’esposizione incontrollata al sole.

Per questa ragione, negli ultimi anni vi è una sempre crescente attenzione verso la protezione dagli effetti dannosi del sole.


È d’esempio l’Australia, dove da già da decenni è stata posta tanta attenzione alla protezione solare, con campagne come la famosissima “slip slop slap (seek slide)”:

Mi ricordo che cartoni del genere erano passati sempre in TV quando ero exchange student in Australia, nel 2006; è stata la prima volta nella mia vita che ho sentito porre tanta attenzione alla protezione dal sole!

Come sempre, dobbiamo dire, questo movimento è stato generato non solo dall’interesse per la salute, ma anche per l’estetica: infatti, è ormai noto che l’esposizione al sole costituisce il principale fattore di rischio che velocizza l’invecchiamento cutaneo.

Anche qui, il risvolto è sempre consumistico-economico: chi ha la possibilità, ricorre a numerosi prodotti skinkcare ma anche procedure estetiche o chirurgiche, volte a far regredire gli effetti del tempo (e del sole), non sempre scevre di rischi per la salute. 

In conclusione, abbiamo visto come la nostra pelle non è solo un organo che ci riveste e ci protegge dall'esterno, ma è stata negli anni caricata di un importantissimo significato non solo estetico, ma anche culturale.

Abbiamo visto come l’essere umano, da sempre, è disposto a tutto, anche a danneggiare la propria stessa salute, pur di sentirsi bello, accettato, ammirato.

Per il futuro, mi piacerebbe invece riuscire a trasmettere ai bambini di oggi un modello diverso.

Insegnare loro che l’essere umano può avere tantissime sfumature di colore, in base alla quantità di melanina e di altri pigmenti che la sua pelle contiene, e che sono tutte bellissime;

che non deve essere necessario modificarsi, esporsi a pericoli e a danni per la propria salute, per poter essere accettati;

in definitiva, che tutti abbiamo il diritto di sentirci a proprio agio nella nostra pelle, qualsiasi essa sia...

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