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Ciao a tutti, sono Federica "Chicca" Persico, pediatra di Casalmaggiore (Cremona). Ho studiato medicina a Parma, e mi sono laureata nel 2015. Ho iniziato a scrivere questo blog dopo essermi specializzata in pediatria, iniziando a lavorare sul territorio come pediatra di famiglia.  Cercavo un modo per semplificare la condivisione con le famiglie di materiale informativo sulla salute, e sulla crescita dei bimbi. Ricordando che questi articoli non possono sostituire i consigli personalizzati che io, o il pediatra che segue il vostro bimbo, possiamo fornirvi di persona, spero che possano essere  utili per trovare delle informazioni di carattere generale, sempre disponibili, anche quando il pediatra non c'è. un bacio a tutti,  Chicca .......... Vi ricordo che è disponibile la  TRADUZIONE AUTOMATICA     di tutto il blog con Google Translate (in alto a destra) AUTOMATIC TRANSLATION of the entire blog is available with Google Translate (in the top right corner) ਪੂਰੇ   ਬਲੌਗ   ਦਾ  

Breve storia dell'abbronzatura e dell'importanza del colore della pelle

 In questo post parliamo della storia dell’abbronzatura: oggi è vista generalmente come qualcosa di positivo, ed esteticamente bello (anche se la mentalità sta un po’ cambiando, soprattutto negli ultimi 15 anni).

Ma… è sempre stato così?

In effetti, no: infatti, le mode e i gusti estetici cambiano drasticamente da un’epoca all’ altra.

Fino dall’antichità, era considerato bello (soprattutto per le donne) avere la pelle molto chiara: da sempre, questa caratteristica era stata correlata all’appartenenza a classi ricche e agiate. Infatti, le donne ricche potevano passare le loro giornate all’interno di ville, palazzi… differentemente dalle donne delle classi più povere, che dovevano lavorare anche all’ aperto.

Nell’antico Egitto, era considerato normale per gli uomini, che conducevano una vita all’aria aperta, andavano a combattere, a caccia, a pesca… avere una carnagione più abbronzata. Le donne delle classi agiate invece venivano sempre rappresentate con pelle più chiara dei loro corrispettivi maschili.

Anche nell’antica Roma, la moda proponeva visi candidi per le donne, con labbra e guance rosse. Per ottenere questo effetto, erano disponibili numerosi cosmetici, contenenti sostanze sbiancanti quali piombo, stagno… o escrementi di coccodrillo!


Anche nel Medioevo è proseguita la moda della pelle chiara, sempre più strettamente vista come indice di nobiltà.

Le donne nobili venivano rappresentate sempre con una pelle diafana, bianchissima.

Nei secoli successivi, molte donne hanno rischiato la salute (se non la vita…) utilizzando pericolosi cosmetici a base di piombo, per far apparire la propria pelle perfetta e chiarissima (ad esempio, pare che ne facesse uso in prima persona la famosa regina Elisabetta I d’Inghilterra).

Ancora nel 1700, la moda imponeva pelle candida con guance e labbra rosate, sia agli uomini che alle donne.


Fino al 19esimo secolo, era comune per le donne benestanti indossare un abbigliamento che le proteggesse dal sole, per mantenere la tanto agognata pelle chiarissima anche nei mesi estivi.

E allora, via libera a maniche lunghe, scialli, cappellini e ombrellini parasole:



Purtroppo, la passione per la pelle chiara andava ad assumere, soprattutto a partire dal 19esimo secolo, anche una forte connotazione razziale.

Infatti, gli Europei “bianchi” si contrapponevano ad altri popoli visti come “inferiori” (nella loro mentalità). Questo era particolarmente sentito nei Paesi con vasti imperi coloniali, come l’Inghilterra….

La colonizzazione straniera porterà la moda della pelle chiara vista come più “bella” e più “nobile” anche in paesi, come ad esempio l’India, dove le persone hanno naturalmente una carnagione di fototipo più scuro rispetto a quella Europea.

Il retaggio di questa cultura si può sentire ancora oggi, ancora oggi infatti alcune persone ricercano, attraverso trucchi e prodotti cosmetici, una pelle più chiara.

Il problema era molto sentito anche negli Stati Uniti, patria di una larga fetta di popolazione di origine africana, che usciva da secoli di schiavitù.

Il colore della pelle non era più una semplice componente estetica, ma un forte elemento di differenziazione sociale, tra la “razza” bianca (come veniva considerata all’epoca) privilegiata, e la “razza” nera (ovviamente, al giorno d’oggi sappiamo che gli esseri umani appartengono tutti alla stessa razza… quella umana! indipendentemente dalla quantità di melanina che hanno nella loro pelle).

Nasceva addirittura un sentimento definito “colorismo”, ovvero, anche chi era di pelle scura, era considerato più “bello” se era di colore più chiaro (ad esempio perché era nato da genitori mixed, uno bianco e uno nero).

Retaggi di questa cultura si trascinano fino al giorno d’oggi, soprattutto in Paesi come gli Stati Uniti.

Questo discorso esula dall’argomento strettamente di “abbronzatura”, ma mi sembrava importante ricordare le profonde implicazioni – non solo estetiche- che ha il colore della pelle nella nostra cultura.

Nel 1800, era stata coniata addirittura l’espressione “sangue blu”, per definire i reali e i nobili: essi, infatti, erano caratterizzati da una carnagione chiarissima, diafana, che lasciava intravedere le vene bluastre sottopelle. 

Questo può farci riflettere su quanto strettamente correlate siano la sfumatura del colore della pelle e il valore sociale della persona, nella nostra cultura.

E poi… cosa è cambiato?? 

Cosa ha sdradicato secoli e secoli di predilezione verso una pelle chiarissima?

A partire dagli anni ’20 del Novecento, dopo la prima guerra mondiale, troviamo una società che cambia, non più legata ad alcuni dei modelli che avevamo visto nelle epoche passate.

Abbiamo una società che non è più fatta di poveri contadini/operai/manovali e nobili, ma è fatta principalmente di borghesi, più o meno abbienti.

Borghesi che, spesso, lavorano all’interno di una fabbrica, o di un ufficio…

E il sole, quando lo vedono?

Lo vedono d’estate, in vacanza, al mare.

In questa epoca, infatti, la possibilità di trascorrere le vacanze estive in prestigiose località di villeggiatura, comincia a diventare uno status-symbol, indice di ricchezza.

Complici anche alcune figure chiave, come la nota stilista Coco Chanel, che amava passare le sue vacanze sulla riviera francese (Costa Azzurra), mostrando orgogliosamente, per la prima volta nella storia, la propria abbronzatura.

Fu così che, in particolare dagli anni ’30 in avanti, la pelle abbronzata comincia a diventare uno status symbol per i “privilegiati” europei e americani bianchi: un indice di ricchezza, in quanto significava che ci si poteva permettere di uscire dall’ufficio, e trascorrere le proprie vacanze al mare.

L’assurdità di ciò è che, invece, per tutte le etnie “non bianche-caucasiche”, avere la pelle scura era ancora considerato un elemento negativo!

Quindi, che dire??

Tutto cambia, niente cambia…

Il colore della pelle veniva ancora visto come elemento di distinzione sociale ed economica, solo in modo diverso da prima.

Insomma, “nulla di nuovo sotto il sole” come recita una famosa frase biblica (in questo caso, nel vero senso della parola!).

Nel Novecento vediamo quindi una sempre maggiore cultura dell’abbronzatura, che veniva considerata bella, moderna, attraente, indice di ricchezza, e anche salutare.

Un vero e proprio segno distintivo culturale di un’epoca.


Tuttavia, i medici e i dermatologi, a partire dagli anni 60 e 70, cominciano a lanciare l’allarme: i tumori della pelle sono in aumento.

Sarà mica correlato all’esposizione incontrollata al sole??

Purtroppo, modificare un comportamento che ha ormai una così forte connotazione sociale e modaiola, non è facile (ricordiamo che apparteniamo allo stesso genere umano che era disposto a spalmarsi il piombo sulla faccia, per apparire più bello…).

Negli anni 80 e 90 fino ai primi anni 2000 (ovvero quando sono cresciuti molti di noi) l’abbronzatura è ancora sulla cresta dell’onda, e cominciano a diffondersi addirittura “lettini” per l’abbronzatura artificiali, per poter mimare l’aspetto “abbronzato” delle vacanze, anche quando si è ancora a casa, in ufficio.

Ricordo ancora come, vedere i volti arrossati e magari anche un po’ spellati dei bambini d’estate, era considerata tutta salute;

per adolescenti e adulti, sfoggiare una carnagione abbronzata era un must per essere alla moda.

Laddove non si arrivava con il sole, si poteva arrivare con lettini solari, e i prodotti auto abbronzanti.


Qualcuno esagera anche…

La pelle dorata è così amata che molte celebrità di pelle chiara, la scuriscono fino a sembrare quasi di un’altra etnia (una scelta che ha destato opinioni contrastanti soprattutto negli Stati Uniti, tacciata a volte di “appropriazione culturale”).

Fortunatamente, negli ultimi decenni vi è una maggiore sensibilizzazione nei confronti, da un lato, dell’inclusione di tutti i tipi di pelle dentro un canone di “bellezza” più ampio, sia, dall’altro lato, nei confronti dei danni derivati dall’esposizione incontrollata al sole.

Per questa ragione, in tutto il mondo vi è una sempre crescente attenzione verso la protezione dagli effetti dannosi del sole.

“Purtroppo”, se così si può dire, questo movimento è generato non solo dall’interesse per la salute, ma anche (come sempre…) per l’estetica: infatti, è ormai noto che l’esposizione al sole costituisce il principale fattore di rischio che velocizza l’invecchiamento cutaneo.

Per concludere, quale messaggio vorrei lasciare con questa chiacchierata?

Vorrei che potessimo riflettere sul profondo valore estetico, culturale, sociale, che il colore della pelle ha sempre avuto, nella storia dell’umanità;

e come l’essere umano sia purtroppo disposto a tutto, anche a danneggiare la propria stessa salute, pur di sentirsi bello, accettato, ammirato.

Vorrei che noi adulti, consci di questi meccanismi mentali, riuscissimo a trasmettere ai nostri bambini dei valori diversi, e a farli sentire a proprio agio nella propria pelle… qualsiasi essa sia.

Insegnare ai nostri bambini che l’essere umano può avere tantissime sfumature di colore, in base alla quantità di melanina e di altri pigmenti che la sua pelle contiene, e che sono tutte bellissime.

Che non è necessario modificarsi, esporsi a pericoli e a danni per la propria salute, per poter essere accettati.

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